Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Al lavoro il 25, volontari e non Le storie venete
I medici lanciano l’allarme: «In certi ospedali siamo sotto i minimi, è rischioso» I turnisti per scelta e gli immigrati di altre fedi
All’ospedale di Portogruaro la tradizione è sacra: a dicembre scatta la gara di presepi fra i diversi reparti. Lavorare il giorno di Natale o la notte di Capodanno è la norma per i camici bianchi. Lo stesso vale per poliziotti, vigili urbani, agenti di polizia penitenziaria o per chi lavora nei servizi, dai tassisti agli operatori del Telefono Amico che, proprio nei giorni della festività, si attrezzano per un surplus di lavoro legato alla cosiddetta «Christmas Blues», la depressione da periodo natalizio.
Negli ultimi anni, però, qualcosa nella sanità è cambiato. La denuncia arriva dai medici ospedalieri: i carichi di lavoro sono incomparabili rispetto anche solo a dieci anni fa. «I motivi sono molteplici - spiega Adriano Benazzato, segretario di Anaao Assomed - ma la situazione di oggi, completamente insostenibile, è determinata da due fattori. La popolazione invecchia e quindi si devono curare spesso pazienti anziani e pluripatologici. L’al- tro grande problema, motivo per cui l’8 e 9 febbraio sciopereremo nuovamente, è l’organico ridotto all’osso. Al punto che sostituire un collega in malattia non è più possibile e capita ci siano interi reparti sguarniti sotto il minimo sindacale. E non parliamo di eccezioni ma di un fenomeno diffuso negli ospedali veneti. La frequenza degli accessi notturni è aumentata ed è diventato molto più faticoso lavorare durante le festività».
Certo, la leva economica per lavorare il giorno di Natale esiste. la maggiorazione festiva è del 30% e del 50% per il festivo notturno. «In busta paga - spiega Daniele Giordano della Funzione pubblica Cgil - significa ricevere circa 120 euro lordi per un vigile urbano e 170 euro lordi per un infermiere per 8 ore di lavoro.Chiediamo da anni che queste indennità vengano aumentate dato che garantiscono un pubblico servizio h24 per 7 giorni. Fra chi lavora volentieri durante le feste, poi, ci sono gli studenti universitari nelle catene della Gdo, la grande distribuzione. Centri commerciali e ipermercati si sono ormai attrezzati, racconta Marilena Zugno, consulente del lavoro di Uplex (pool di commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro, appunto, di Treviso): «Lo strumento del lavoro a chiamata funziona bene in questi casi - spiega - si creano delle vere e proprie task force di universitari sotto i 25 anni assunti dalla tal azienda e chiamati per coprire i turni festivi consentendo i riposi al personale stabile che riescono così ad arrotondare». Il manifatturiero, invece, punta piuttosto sugli straordinari del proprio personale per la delicatezza delle mansioni. Il tema ha, naturalmente, evidenti risvolti sociologici. Ferruccio Gambino, docente di Sociologia delle professioni a Padova dice: «Il lavoro degli immigrati, in molti casi donne, risolve spesso il problema del notturno nei festivi complice anche la differente fede religiosa. Posso portare un’esperienza personale. Il giorno di Capodanno, con i tubi scoppiati è arrivato un idraulico bengalese che non ha battuto ciglio». L’eco arriva da Devi Sacchetto, docente di Sociologia del lavoro sempre a Padova: «La composizione dei lavoratori è mutata rispetto a 30 anni fa, immigrati, donne e studenti sono cresciuti. Si lavora senza troppi patemi d’animo a Natale e c’entra la secolarizzazione ma anche il disagio sociale: per alcuni, persone sole, lavorare a Natale è meglio che restare a casa. La società è cambiata, la famiglia tradizionale si è dissolta ma alcune generazioni faticano a metabolizzarlo».