Natale tra fede e ragione Celebrazione di Gesù e dello scienziato Newton

Non sono cattolico, ma deista come Voltaire che scrisse: «Ogni volta che guardo il cielo stellato non posso non pensare che se esiste un così perfetto orologio, allora esiste un orologiaio». Eppure, anche quest’anno, qualche giorno prima di Natale, ho seguito la mia tradizione d’entrare nella Cattedrale di Adria, di dirigermi verso l’altare laterale destro e rimanere qualche minuto inginocchiato e muto, rimembrando la mia giovanile devozione a questo sito che allora ritenevo sacro. Mi sono quindi spostato in prossimità dell’altare maggiore e ho sussurrato, con lo sguardo rivolto verso l’alto, il mio dubbio di sempre: perché mai il Cattolicesimo insiste nel dogma della Trinità e non ha evitato al Congresso di Nicea (325 d.C.) uno scontro , che ricorda quello dei parlamenti moderni, fra Padri Conciliari , al termine del quale la corrente di Ario fu battuta ai voti e venne «democraticamente» proclamata a maggioranza la natura divina di Gesù (c.d. «consustanzialità») in definitiva l’identificazione di Gesù con Dio. Sono quindi uscito con le mie perplessità di sempre, in fondo un po’ dispiaciuto del mio razionalismo che impedisce di accettare dogmi e leggende. Poi peraltro ho pensato che il 25 dicembre può essere un giorno di giubilo per tutti o quasi, sia per lo spiritualismo cristiano, sia per i musulmani, considerato che il Corano definisce Gesù come un grande profeta specificando, ad esempio, che sarebbe stato «Figlio di Maria, messaggero di Dio» (Cor IV, 157), sia per i consumisti concentrati sui regali di Babbo Natale, sia per i neoscientisti che possono festeggiare una nascita diversa e cioè quella di uno dei più importanti scienziati di tutti i tempi: Isaac Newton , pure lui nato il 25 dicembre. Gesù e Newton m’inducono, da melomane, come Mario Cavaradossi in Tosca a canticchiare l’inizio di una celebre aria: «Recondita armonia , di bellezze diverse».