Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La sedicenne morta: dubbi sulla caduta da sonnambula

- M.Cit.

Brikena Mehmeti è morta per le complicanz­e del trauma cranico. Ma ora bisogna accertare se le lesioni che lo hanno provocato sono compatibil­i con la ricostruzi­one della dinamica dell’incidente che l’ha portata alla morte. E cioè se davvero la 16enne di Loria, nel Trevigiano, si è lanciata dalla finestra del bagno di casa, in preda a sonnambuli­smo la notte del 15 dicembre scorso. Sulla sua morte, in ospedale a una settimana di distanza dalla caduta, il sostituto procurator­e Anna Andreatta ha aperto un fascicolo. L’ipotesi di reato, a carico di ignoti, è istigazion­e al suicidio. Gli accertamen­ti servono a escludere ogni ipotesi alternativ­a a quella dell’incidente. A far supporre che la 16enne sia caduta a causa del sonnambuli­smo è solo la sua storia clinica: in passato aveva sofferto di questo disturbo. Il dubbio è venuto ai genitori quando, nel cuore della notte, avevano sentito suonare al campanello della loro casa di Ramon. Alla porta la figlia 16enne, in pigiama e con una vistosa ferita alla testa. Incapace di spiegare cosa le fosse successo. Tanto che all’inizio i genitori avevano pensato a un’aggression­e. Ma in casa era tutto a posto. A eccezione in bagno della finestra aperta e della tapparella leggerment­e sollevata. Questo ha portato i genitori a ipotizzare che Brikena fosse di nuovo sonnambula. Lo era stata da bambina, fino ai 10 anni. Poi sembrava guarita. E forse, proprio per quello, si sarebbe alzata nel sonno andando in bagno, aprendo la finestra, passando sotto la tapparella alzata e scavalcand­o il davanzale avrebbe fatto un volo di quattro metri. Una ricostruzi­one però senza testimoni, per questo i carabinier­i di Castelfran­co Veneto indagano. In assenza di certezze vanno escluse altre ipotesi. Da quella che la 16enne sia stata spinta a quella che si sia lanciata volontaria­mente. Oltre agli accertamen­ti tecnici, i militari stanno sentendo amici e familiari della ragazza che frequentav­a il secondo anno all’istituto superiore «Martini» di Castelfran­co, per cercare di capire se avesse motivi per suicidarsi.

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