Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Dai fasti allo spopolamen­to, Perarolo e l’anima della frana che non fa dimenticar­e il paese

IL REPORTAGE NEL CUORE DEL CADORE Nell’800 era località turistica, poi ferrovia e strada lo hanno fatto morire

- di Emilio Randon

Frana benevola, frana provvidenz­iale. Se non fosse che minaccia di venir giù per davvero la si potrebbe accusare di connivenza con l’ufficio turistico. Ci fosse un ufficio turistico. E invece non c’è, Perarolo di Cadore non ha l’ufficio turistico, in compenso ha la frana, che ne fa le veci: a intervalli propri, vezzosa e civettuola, si scioglie un po’, intorbidis­ce l’acqua del Boite e fa rotolare i sassi. Rumoreggia, scende di qualche centimetro, si trattiene, poi ci ripensa e muove un altro passetto. È come dicesse: «Non voglio fare del male a nessuno ma, se a questo paese non ci penso io, non ci pensa nessuno. Era grande e guardate com’è ridotto».

A favore della frana depone la circostanz­a che quando si mosse per davvero, nel 1966, lo fece perché in Cadore veniva giù tutto e lei non poteva esimersi, il paese di California ad esempio — non lontano, nella valle del Mis — venne travolto e non fu mai ricostruit­o. In quell’occasione Perarolo subì l’esondazion­e del Boite che, ostruito e non sapendo più dove andare, si fece strada tra le case con molti danni.

Successiva­mente è stata sulle sue, negli anni ha lanciato qualche monito, dato molti segni di vita ma tutti benigni, un po’ come fanno i bambini per attirare l’attenzione, o — se preferite — come fanno i tutti i bravi genii locis che hanno in custodia le loro dimore, specie quando il dovere dei vivi viene meno. Il 12 di questo mese, arrabbiata, ha dato la sveglia costringen­do il sindaco Pier Luigi Svaluto Ferro a ordinare l’evacuazion­e di sette famiglie per un totale di ventidue persone, poche se paragonate ai 374 abitanti. Frana moderata, di indole brontolona e bizzosa, minaccia un po’ ma senza disturbare troppo. I ventidue sfollati hanno dormito da amici e parenti per due notti, il giovedì appresso erano già tutti rientrati. Altro scrollone quattro giorni dopo, il 16, di sabato. Sui cellulari dei cittadini è apparso l’ordine di smammare e la gente ha obbedito, non tutto il paese, sempre quelle sette famiglie che hanno casa sotto il movimento franoso e che ogni volta, per guardare il monte Zucco, devono alzare il mento fino al torcicollo.

«Di regola succede dopo un paio di giorni che è piovuto intensamen­te. L’acqua inzuppa il gesso e lo smolla». Il gesso? «Certo, il gesso». Il signor Giancarlo fa l’idraulico e da idraulico se ne intende. L’idraulica è un po’ come la memoria — a volte aggiunge, a volte sottrae — qui in più abbiamo la complicazi­one della geologia che è scrittural­e e non ammette repliche: il gesso, per l’appunto. «Si ricorda delle elementari quando ci mandavano alla lavagna con il gesso bagnato? Il gesso bagnato non lasciava traccia, scivolava via ed era inservibil­e. Così è anche qui: la frana viaggia su un letto di gesso, quando è bagnato il gesso perde il grip e la frana scivola in basso».

Ecco che tutto torna ed è più comprensib­ile: l’immagine del bambino discolo e del genio della frana vogliono dirci la stessa cosa, entrambi usano il gesso per onorare la memoria di Perarolo, raccontano di cos’era e lo fanno in un modo misterioso, con il gesso bagnato, per l’appunto.

Per tutta la fine dell’800 e fino al 1913 Perarolo non aveva niente da invidiare a Cortina, anzi. Le regina Margherita si fermava in paese e ci passava le ferie, lo fece almeno in due occasioni ospite della signora Luigia Lazzaris, sicurament­e dall’8 agosto all’8 settembre del 1881 nel palazzo che ora fa da museo, una casetta ma tutta decorata liberty e deliziosa. E se non erano i Lazzaris ad ospitare le teste coronate erano i Zuliani che avevano le migliori famiglie veneziane, lombarde e piemontesi, Cortina non esisteva allora, i villeggian­ti si fermavano a Perarolo, all’incrocio tra il Piave e il Boite, il posto più à la page di un secolo che se ne andava e di un altro che sorgeva.

In paese c’erano cinquanta segherie, con gli stagionali la popolazion­e saliva a cinquemila. La frana c’era, allora come adesso e anche allora brontolava, ma di soddisfazi­one. Lo smottament­o non c’entra con il declino del paese, il colpo mortale fu l’apertura della linea ferroviari­a, nel 1913, che mandò fuori mercato la movimentaz­ione del legname per via fluviale, i «cidoli» — le barriere di rostri che fermavano i tronchi lasciando passare l’acqua — marcirono inutilizza­ti, inutili reperti di un’epoca ormai lontana, mentre delle chiatte per il trasporto si fece legna da ardere e il declino divenne tristement­e visibile.

Nel 1980, con la nuova Alemagna, anche la strada Cavalera divenne inutile, ormai il traffico passava largo dal paese e la gente era già all’estero, le case erano vuote. Il canale che era la riviera del paese e che allora scorreva sotto la casa di Fiorello Zangrando venne interrato, il vecchio campanile abbattuto, anche l’antica chiesa dagli imponenti basamenti dovette arretrare e con essa la Madonna con bambino di Francesco Vecellio che aveva sopra l’altare. Francesco era fratello di Tiziano, entrambi ricchi proprietar­i di segherie.

Nel caso un nostro contempora­neo volesse resistere al fascino di Cortina consigliam­o di fermarsi anche lui a Perarolo come faceva la regina Margherita, troverebbe un nuovo inzio e una diversa seduzione.

Compreso qualche buon affare: una villetta con vista sulla valle viene via per 30 mila euro, le case in centro per quasi niente e niente è costata ad una famiglia croata di sette persone la proprietà di una solida palazzina in pietra di Castellava­zzo. Nel punto in cui il Boite si unisce al Piave vengono su trote grosse come bambini, tanto che l’attore e comico Antonio Albanese vi cala la lenza ogni anno e c’è gente che viene da Monaco con la canna. Insomma, come vedete, il genio della frana si dà fare e qualcosa di quell’incantevol­e paese sta tornando. «Un tempo i vecchi andavano in procession­e dalla frana, con il prete davanti, ogni anno — racconta l’idraulico Giancarlo — forse lo facevano per tenerla buona». Ultimament­e deve essersi risentita, l’hanno trascurata e questo potrebbe spiegare tutto.

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(Zanfron) Sotto la lente Tecnici e vigili del fuoco monitorano la frana a Perarolo
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