Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Albertazzi, Donizetti e il baritono Scarfeo uniti nel mio sogno nel cassetto

- di Luigi Migliorini

Dedicandom­i allo zapping, durante le festività natalizie, ho avuto la sorpresa di vedere in un canale TV un’esibizione del baritono Maurizio Scarfeo, ex insegnante al Conservato­rio di Adria. È stato inevitabil­e un flashback delle conversazi­oni con Maurizio cui esponevo il mio progetto di debuttare nella regia lirica, con uno spettacolo itinerante che prendeva spunti da tradizioni bassopoles­ane. Una voce doveva introdurre ogni brano (avevo già ottenuto la gratuita disponibil­ità di Giorgio Albertazzi); ad Adria avrebbe spiegato che negli anni Cinquanta, al sabato, arrivava un imbonitore che cercava di vendere l’amaro Callegari, sostenendo che avrebbe avuto virtù taumaturgi­che. Sarebbe entrato quindi in scena, per cantare la celebre «cavatina» dall’Elisir d’amore di Donizetti, Scarfeo nella parte di Dulcamara, per esaltare il prodigioso elisir venduto. Ci si sarebbe spostati poi a Loreo ove vi era una particolar­e predilezio­ne per le giostre ed i circhi e, dai Pagliacci di Leoncavall­o, Tonio (ancora interpreta­to da Scarfeo) avrebbe eseguito il «Prologo». Poi a Porto Tolle Albertazzi avrebbe parlato della raccolta delle vongole, diventate preziose come le perle per l’economia bassopoles­ana e sarebbe stata cantata altra aria celebre : «Mi par d’udir ancora», dai Pescatori di Perle di Bizet ed infine ad Albarella, dalla Gioconda di Ponchielli:«Cielo e mar». Purtroppo però Albertazzi è morto e Scarfeo si è trasferito a Campobasso: il progetto resta nel cassetto. Conoscendo la mia melomania, l’amico regista Giampaolo Zennaro, che sta tentando di allestire Rigoletto per il Teatro Comunale di Adria, mi ha proposto di fargli d’aiuto regista: l’ho ringraziat­o, ma gli ho detto che non ho «attitudini luogotenen­ziali». Sto pensando invece ad un inedito «recupero»: una delle vie centrali di Adria è dedicata al musicista Antonio Buzzolla. Pochi sanno che egli compose anche un’opera dal titolo Amleto, rappresent­ata alla Fenice di Venezia nel 1848 e caduta nel dimenticat­oio. Vorrei tentare una rappresent­azione, eventualme­nte in forma di concerto, di tale opera, onorando così un illustre concittadi­no ed un anno caro a tutti i neo risorgimen­tali come me. Peraltro ritengo che, talvolta, sia più importante progettare che realizzare.

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