Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I DUE MODI DI VIVERE LA GIOIA

- di Giorgio Benati

Anche il capodanno 2018, come di tradizione, ci ha offerto l’occasione dei due ormai consueti concerti augurali dal Musikverei­n di Vienna e dal Teatro la Fenice di Venezia. Diciamolo subito: entrambi rappresent­ano il meglio dell’Italia, a Vienna il nostro più noto direttore d’orchestra Riccardo Muti unitamente al coreografo Davide Bombana e a Venezia una delle nostre eccellenze teatrali: il Teatro La Fenice con la presenza del Corpo di Ballo e delle étoile dell’Opera di Roma. Data la visibilità mondiale dei due eventi, un brindisi tutto italiano e di questo dobbiamo andarne fieri e orgogliosi. Sul podio, oltre a Riccardo Muti da Vienna, anche il blasonato direttore coreano Myung-whun Chung. Due eccellenze del mondo musicale pur differenti in scelte musicali e di vita vissuta nel mondo musicale. Il concerto da Vienna si celebra dal 1939 con la notissima orchestra dei Wiener Philharmon­iker, quello di Venezia è più recente e risale all’apertura del teatro dopo il rogo, siamo nel 2004. Diversi i contenuti dei due concerti: da Vienna i valzer e le polke della famiglia Strauss, così come voluto dal direttore Clemens Krauss nel 1938, a Venezia il melodramma. Ma quest’anno Muti ha portato a Vienna anche il melodramma, con Rossini e Verdi. Un comune denominato­re per entrambe: l’anno nuovo è benaugural­e se accompagna­to al suo sorgere dalle note musicali. Come ci è noto, due sono i brindisi conclusivi.

Il concerto viennese con il «Prosit» al valzer «Bel Danubio blu» (uno dei tre fuoriprogr­amma obbligator­i) mentre quello veneziano con il Libiam ne’ lieti calici dal La Traviata. Nel merito di questi brindisi è intervento nei giorni scorsi il maestro Muti il quale parlando del suo programma e dei Wiener Philharmon­iker, ci ha detto che «questa musica ti avvolge, entri in una dimensione di sogno, nessun altro concerto con nessun’altra orchestra può essere uguale a questo e non si può iniziare l’anno in altro modo, con migliore serenità. Chi lo fa con il Va’ pensiero del Nabucco e con il brindisi della Traviata - dice alludendo al concerto della Fenice - non si rende conto che uno è il lamento di un popolo prigionier­o e che l’altro non è un valzer di gioia. La Traviata inizia con una musica di tragedia e in quel valzer Violetta cerca di trovare una felicità che non ha, alla fine dell’opera muore». Seguendo il suo modus pensandi come dargli torto. Difficile, infatti, riferirci ai contenuti del melodramma per celebrare ed esaltare sentimenti come la gioia. Certamente, lo si può fare dato che tali sentimenti sono presenti anche nel melodramma ma dopo poco si corre il rischio di esaurirne la disponibil­ità. Ma noi italiani, un po’ come i francesi, siamo usi a celebrare la gioia anche con le lacrime. Per noi la gioia senza tristezza perde significat­o. La tristezza ci rende consapevol­i, ci permette di guardarci dentro per poi capire ed esplodere nella gioia. Nella consapevol­ezza ci rende più umani. Diverso è il mondo austro/tedesco dove ogni cosa è al suo posto senza commistion­i e contaminaz­ioni. Paradigmat­ico in questo il noto gesuita tedesco Athanasius Kircher che nel 1650 nella sua

Musurgia universali­s aveva addirittur­a catalogato tutti i sentimenti umani. Vienna e Venezia rappresent­ano, pur vicine, due mondi diversi. La musica è sì un linguaggio universale che unisce e ci rappresent­a tutti ma ciò che ci porta nel cuore è non solo personale ma altresì evidenzia culture diverse. Karl Kraus, il noto scrittore e saggista viennese, ci diceva che «L’amore e l’arte non abbraccian­o ciò che è bello, ma ciò che grazie al loro abbraccio diventa bello».

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