Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Persa la banca, le imprese ora provano a salvare il calcio

Dal crac di Bpvi a quello sportivo: «Ma qui una speranza c’è». I primi nomi

- Ferretto, Dubois

Dopo il crac della Popolare, la richiesta di fallimento del Vicenza calcio. Per la città berica, ferita nuovamente nella sua identità, ricomincia la stancante ricerca di qualcuno di cui fidarsi, che scongiuri la cancellazi­one del calcio biancoross­o. Una cordata di imprendito­ri sarebbe già al lavoro. Nel toto-nomi Chilese e Amenduni, ma spunta anche il manager della Formula 1 Ravetto.

«Il tempo stringe. Ma bisogna dare modo a chi è interessat­o di fidarsi, di valutare». È una città che si sveglia con le mani vuote, quella Vicenza dall’identità friabile che dopo la Banca Popolare ora si vede spirare fra le mani la squadra del cuore, il Vicenza Calcio. Lo stesso sindaco Achille Variati, che da due giorni si sta spendendo senza tregua in appelli ai privati, all’assemblea dei Dem di Torino si è ritrovato, ieri, di fronte alla platea, a parlare involontar­iamente proprio del «Vicenza calcio».

Ma chi salverà il Vicenza? Dopo la disintegra­zione bancaria, che ha svuotato portafogli e ambizioni, ora ricomincia la stancante ricerca di qualcuno che non truffi più la città. Anzi: sia disposto addirittur­a a spendere per non perdere un sogno. Primo indizio: una cordata. Sarebbe già al lavoro per tentare l’impresa. «Il mio auspicio è che si facciano avanti 6-7 imprendito­ri, guidati da un’autorità pubblica – sospira il procurator­e Claudio Pasqualin -. Una cordata è la soluzione migliore, ci si controlla, si ponderano le cose. Quello che deve essere chiaro è che qui si cerca gente che deve dare e non avere». Insomma, chi cerca solo business, resti lontano. Visto, poi, che la scelta della procura (con esercizio provvisori­o) dà modo di farsi avanti con condizioni favorevoli: il possibile acquirente dovrà pagare solo i debiti sportivi (circa due milioni di euro) contro i 14 di rosso.

«Noi abbiamo già dato il nostro – spiega Nicola Amenduni, patron delle Acciaierie Valbruna (lo stesso che perse 100 milioni fra Popolare e Veneto Banca), uno degli sponsor -. Ora vediamo cosa si può fare, ma non prometto nulla. Questa sarebbe una perdita grossa per la città, è difficile: chi si fa avanti prende tutto sulle spalle e deve fare un lavoro serio. Vediamo». Tre i filoni dei possibili investitor­i, fino a ieri, nelle voci dei corridoi: c’è chi spera nel team di sportivi (il filone «sentimenta­le»), chi in quello di nuovi sponsor (gente «senza macchia») e chi in quello di un risveglio massiccio dell’industria berica. Ideale: un mix fra i tre settori.

Prima di tutto, però, si deve precisare che lo scenario sarà molto differente nel caso in cui il club berico venga dichiarato fallito ed ottenga l’esercizio provvisori­o rispetto ad una chiusura immediata, come accaduto a Modena, e la prospettiv­a di ripartire l’anno prossimo dalla serie D. In entrambi i casi, il nome dell’ex presidente del Real Vicenza Lino Diquigiova­nni, circolato nei giorni scorsi, è da escludere: lo stesso imprendito­re vicentino ha smentito di voler tornare a guidare una società di calcio. Complicata, almeno al momento, la possibilit­à che Boreas Capital Sarl possa, nell’eventualit­à che l’esercizio provvisori­o venga concesso, mettere i fondi per permettere al club di arrivare a fine stagione guadagnand­osi un’opzione all’asta pubblica che a giugno ci sarà per vendere la società. Più credibile che in queste ore si stia formando una cordata formata da vicentini capitanata da un importante industrial­e berico (sembra che Amenduni abbia detto di no a questo ruolo), affiancato da altri due, tre imprendito­ri che sono già inseriti nel mondo del calcio. Uno di questi sarebbe Lino Chilese (Came), presidente dell’Arzignano- Valdichiam­po che è in testa alla classifica in serie D, e che potrebbe agire in collaboraz­ione con l’ex presidente del Vicenza calcio Pieraldo Dalle Carbonare che non ha mai negato che in presenza di persone serie e competenti potrebbe accettare di rimettersi in gioco. Nel toto nomi, poi, in queste ore torna il nome di Rino Dalle Rive, ex presidente dell’Altovicent­ino calcio.

Ma c’è anche chi resta alla finestra. «Ringrazio chi non mi ha ancora chiesto nulla – confessa invece Adamo Dalla Fontana, di Bdf Industrie – non credo che mi prenderei questa responsabi­lità. Qui non si tratta solo di soldi, ma di avere delle competenze, conoscere i meccanismi di settore, iniziare un progetto dove, da imprendito­re, si deve già essere in grado di poter intraveder­e una fine. E lo dico da grande tifoso». No sinceri anche da Massimo Calearo e Alberto Zamperla («Avevo già messo qualcosa anni fa»). «Il mondo del calcio è complesso, servono profession­alità specifiche, non solo soldi» aggiunge Stefano Dolcetta.

E all’orizzonte si profila anche quella che, almeno inizialmen­te sembrerebb­e una propostabe­ffa: il Vicenza comperato dai «nemici storici» veronesi. Fra gli interessat­i, infatti, c’è il manager di Formula Uno, nonché presidente di Confapi Industria e Impresa Verona, Manfredi Ravetto: «Il Vicenza mi era già stato proposto un paio di anni fa, credo che ora provare a salvarlo in tutti i modi sia un’operazione imprescind­ibile – spiega Ravetto -. Io sono sempre stato specializz­ato nel rischio, ovvero nel risanare scuderie con problemi finanziari. Capiamoci: uno mette soldi nel Vicenza o per attaccamen­to o perché crede nel brand. Ecco, io sono fra quelli che credono fortemente nel marchio Lanerossi: è un pezzo di storia, sarebbe pazzesco disperderl­o».

Vedremo, ora, chi sarà disposto a pagare il sogno da restituire ai vicentini.

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(Foto Op Brand) Non si passa I tifosi davanti alla porta dello stadio Menti. Dentro c’era il pullman della squadra

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