Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Da Soranzo a Cetera, i casi in tribunale
Lunga la lista di precedenti di medici «furbetti» in Veneto. Fra i più eclatanti, altri due casi che coinvolgono i reparti di Ginecologia e Ostetricia. Molto scalpore suscita nel 2010, sempre in Azienda ospedaliera a Padova, la vicenda dell’allora primario Antonio Ambrosini e del figlio Guido, al tempo direttore del Centro di procreazione assistita. I due erano accusati di non aver fatto pagare i trattamenti a migliaia di pazienti, per un ammanco di 300mila euro nelle casse dell’azienda, ma i reati andarono in prescrizione. A Pieve di Cadore, invece, il primario della Ginecologia, Carlo Cetera, è stato condannato a 4 anni e 6 mesi per aver intascato, nel 2012, soldi dalle coppie desiderose di saltare le liste di attesa per la procreazione assistita. Spesso si tratta proprio di questo, di scalare le liste. A volte, però, c’è dell’altro. È il caso di un bando pilotato e di un’accusa di tentata concussione al Sert di Verona di pochi giorni fa. Fra due mesi partirà il processo che vede imputati Giovanni Serpelloni, dirigente del Servizio anti-dipendenze dell’Usl 9, due suoi colleghi e altri tre imputati. Secondo la ricostruzione del pm Paolo Sachar, i tre medici avrebbero tentato di ottenere dalla Ciditech (società che segue assistenza e manutenzione del software usato da oltre 200 Usl in Italia per la gestione dei dati sulle tossicodipendenze) 100mila euro. È cronaca recente anche il processo a Gian Antonio Favero, ex direttore della Clinica odontoiatrica di Padova, che ha patteggiato in Appello un anno di carcere per l’accusa di concorso in abuso d’ufficio. Pochi giorni fa, un fedelissimo di Favero, il dottor Michele Donà, colpevole di abuso d’ufficio, è stato condannato a 11 mesi (pena sospesa). Secondo la ricostruzione i due dentisti, durante le visite nella struttura pubblica, facevano presente costi e liste di attesa per poi dirottare i pazienti in una delle tante cliniche private del professor Favero. A Venezia, negli anni 2000, nell’occhio del ciclone era finito Massimo Guidi, responsabile dello Spisal dell’Usl 12, accusato di aver preso mazzette da aziende della zona per accedere ai contributi per lo smaltimento dell’amianto. La «cricca» comprendeva anche un biologo, un imprenditore e un avvocato, insieme nel business dell’amianto, tutti arrestati con l’accusa di aver lucrato illecitamente sullo smaltimento del materiale nocivo. A Vicenza, infine, nel 2004 Giampaolo Soranzo, primario padovano di Otorinolaringoiatria all’ospedale San Bortolo di Vicenza, era finito in carcere per concussione.