Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Un antiparassitario per «tagliare» la coca «Facciamo soldi assai»
Nel mercato veneto finiva PADOVA droga «tagliata» con un antiparassitario.
L’indagine della Dia di Padova, ha portato alla scoperta che, alla cocaina lavorata dalla cricca nel Padovano, veniva aggiunto il Levamisolo, un farmaco antitumorale utilizzato anche nella medicina veterinaria come antiparassitario per animali da cortile. La tecnica è diffusa negli Stati Uniti, da quando i trafficanti hanno scoperto che il Levamisolo prolunga l’effetto dello «sballo». Il problema è che rende la droga ancora più pericolosa perché ha effetti tossici, con un elevato rischio di infezioni che possono causare lesioni necrotiche e, nel lungo periodo, aumentare il rischio di tumori.
Ma alla banda, questo interessava poco. «Dobbiamo fare soldi», si raccomandava Antonio Bartucca, nel capannone di Vigonza eletto a deposito per lo stupefacente. I carabinieri l’avevano riempito di microspie, seguendo passo passo anche la lavorazione che avveniva al suo interno. Come il 28 maggio 2015, quando Bartucca, Spadafora e Ceoldo stavano ultimando il confezionamento della cocaina e il solito Bartucca scherzava sul fatto che «quando abbiamo finito ci vuole l’aspirapolvere, se no andiamo in galera». E Spadafora gli rispondeva ridendo: «Uno, due e tre... facciamo soldi assai...».
La banda usava un linguaggio in codice, chiamando la droga in modi diversi, a seconda del tipo: spritz, aperitivo, birra, pavimento...
Per il gip Mariella Fino, «la caratura criminale di Bartucca, Spadafora e Ceoldo è spiccatissima: tutti e tre sono risultati essere dediti in modo continuativo, professionale e organizzato all’attività di acquisto, stoccaggio, taglio, confezionamento e rivendita, sia all’ingrosso che al minuto, di cocaina, hashish, marijuana». I ruoli erano ben definiti a cominciare da quello di Bartucca, capo indiscusso dell’organizzazione criminale. C’erano poi «i loro fornitori, Giardino, Cozza, Pullano e Vezi, capaci di reperire in tempi rapidi, quantitativi cospicui di sostanze che poi mettevano a disposizione dei coimputati», annota il gip.
Ruolo chiave è quello di Antonio Giardino, accusato di aver vigilato sul traffico di droga dalla Calabria al Veneto: «È lui a chiamare i suoi collaboratori, Cozza e Pullano, a garantire per loro, a metterli in contatto col Bartucca. Restando dietro le quinte, egli orchestra, dirige», osserva il giudice. È a Giardino che occorreva rivolgersi in caso di problemi. Come il 23 maggio 2015, quando Bartucca gli fa presente «la scarsa qualità dello stupefacente che gli aveva fornito». Qualche giorno prima se n’era lamentato anche con l’amico Spadafora: «Di sto colore non l’ho mai vista, non è bianca è... è biancastra...»..
Giuseppe Cozza e Pasquale Pullano, entrambi calabresi, sono dei professionisti del crimine, molto attenti a non farsi scoprire: «Usano auto a noleggio - scrive il gip - adoperano linguaggio criptico, individuano per gli appuntamenti luoghi affollati, si muovono con rapidità e abilità».
Saimir Vezi, detto «Sergio», era l’altro fornitore della banda, «in grado di movimentare importanti quantitativi di droga pesante» che rimediava direttamente dall’Albania.
Ma qualunque fosse il fornitore, la cocaina veniva tagliata il più possibile, in modo da moltiplicare i guadagni della cricca. Ogni tanto, però, esageravano, con il rischio che il cliente se ne accorgesse: «Non la stravolgere - si raccomandava Bartucca - se no questo non la vuole più...».