Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il trucco per vanificare le quote rosa «Così i partiti riescono ad aggirarle»
Feltrin: «Le pluricandidature vanificano la norma, avremo meno donne di prima»
Di facciata Il rischio candidature multiple potrebbe penalizzare proprio le donne in parlamento
Fra i giochi di prestigio VENEZIA della nuova legge elettorale l’ultimo ad affiorare, lento ma inequivocabile, è forse il meno atteso: la beffa delle quote rosa.
La premessa: il Rosatellum bis prevede non uno, bensì tre vincoli inflessibili per garantire la rappresentanza di genere. Stiamo parlando dell’alternanza uomo donna, della proporzione 60-40% non modificabile all’uninominale e allo stesso modo per i capolista del proporzionale. Sulla carta, insomma, le donne in politica avrebbero dovuto finalmente vedersi garantito un posto al sole. Peccato, però, che le «multicandidature» su scala nazionale vanifichino il tutto. In altre parole lo stesso nome di donna candidato vincente in un collegio uninominale e capolista in un listino proporzionale permette di lasciare il posto (al proporzionale) al secondo in lista, quindi ad un uomo: «Ed è proprio così - conferma il politologo Paolo Feltrin, interprete riconosciuto di una legge considerata un vero e proprio rompicapo - in teoria la nuova legge elettorale avrebbe dovuto proporre una sorta di gabbia d’acciaio, di fatto è una gabbia piena di buchi. Per farla breve, torna d’attualità l’adagio “fatta la legge trovato l’inganno”. Il 40% alle donne si concretizzerà solo per gli uninominali, poi le stesse donne saranno candidate in altri 4-5 collegi in Italia come capolista del proporzionale. La norma prevede che automaticamente prevalga la vittoria all’uninominale quindi, altrettanto automaticamente, il secondo in lista nei 5 collegi proporzionali, un uomo, sarà eletto come se fosse lui stesso il capolista».
Macchinoso, certo, ma neppure troppo. Fra le candidate o candidate in pectore venete vige la regola del silenzio ma basta qualche telefonata «a microfoni spenti» per capire come quest’amara realtà sia ben chiara alle dirette interessate. Prendiamo la Lega, ad esempio, il partito che in Veneto dovrà gestire il complicato sudoku delle liste con più caselle da riempire. A far due conti, su oltre trenta parlamentari che con tutta probabilità sbarcheranno a Roma, le signore del Carroccio si contano sulle dita di due mani (su rigorosa spartizione territoriale): a Verona sarebbero in calo le quotazioni di Laura Bocchi in favore dell’ingegner Francesca Vanzo, poco vicina al segretario provinciale Paolo Paternoster a sua volta poco vicino al gruppo dirigente regionale, a Treviso dovrebbe farcela Marica Fantuz, sindaco di Meduna di Livenza, a Vicenza, oltre alla senatrice uscente Erika Stefani potrebbe tornare da Bruxelles Mara Bizzotto (e parliamo delle uniche due big in gonnella). Altro peso medio è Arianna Lazzarin per il Padovano mentre la fedelissima del segretario nathional Toni Da Re, Giorgia Andreuzza su Venezia non avrà problemi. E se su Belluno non pare esserci alcuna donna, a Rovigo si sta lavorando per candidare Antonietta Giacometti, vice sindaco di Badia Polesine. Totale: 7 donne in verde i cui nomi circolano con insistenza. Il meccanismo, confermano in molti sempre a microfoni spenti, è lo stesso anche in casa d’altri. Per Forza Italia, ad esempio, oltre alle tre donne di peso (Casellati, Gardini e Milanato) non pare esserci molto altro.
Certo, va meglio a sinistra. Un mini-drappello di signore del Pd pare deciso ad andare o a tornare a Roma. Ma è pur vero che su numeri tanto risicati dei dem (12 parlamentari stimati di cui 5 potrebbero essere donne) l’ortodossia di genere brilla con più facilità.
E i pentastellati? Avvolti nel mistero di parlamentarie e «selezione romana» per l’uninominale, per ora possono vantare 4 capolista donne su 7 per il proporzionale. «Oggi le donne in parlamento sono il 30% - conclude Feltrin - da marzo potrebbero essere anche meno, tutto dipende dai giochini che i partiti, probabilmente tutti, faranno con le pluricandidature».