Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Soldi per scavalcare le liste d’attesa i garanti «bocciano» il ginecologo
Padova, il Comitato decide di allontanare Litta dall’ospedale. Oggi la ratifica del dg
Non è stata giudicata «una puttanata», come si è lasciato scappare lui a caldo. La richiesta di 2mila euro avanzata dal professor Pietro Litta, chirurgo della Clinica ostetrica dell’Azienda ospedaliera di Padova, per sottoporre la finta paziente in realtà giornalista di «Petrolio»(Rai 1) alla chiusura delle tube scavalcando le liste d’attesa, gli costerà il posto in reparto. Ieri infatti il Comitato dei Garanti dell’Azienda ospedaliera ha accolto la richiesta presentata dal direttore generale Luciano Flor di sospendere la convenzione del medico, universitario, con la struttura pubblica. Non potendolo licenziare, visto che Litta è appunto un dipendente dell’Ateneo, l’ospedale ha deciso di allontanarlo dall’attività assistenziale con i pazienti, perciò il camice bianco potrà dedicarsi solo alla didattica e alla ricerca. Oppure continuare a fare il chirurgo nel privato puro, non convenzionato.
I garanti — il direttore sanitario Daniele Donato, gli avvocati Fabio Pinelli e Chiara Cacciavillani —, si sono espressi al termine di una seduta durata ore. Visionato il filmato mandato in onda da «Petrolio» il 13 gennaio scorso, risentito Litta, accompagnato dai suoi avvocati, e letta la sua memoria difensiva, il Comitato ha appoggiato la linea di Flor, benchè l’episodio contestato non sia avvenuto in ospedale. Ma nella clinica convenzionata «CittàGiardino» di Padova, nella quale il medico — in virtù di una convenzione sottoscritta tra privato e Azienda ospedaliera — esercitava la libera professione fino a otto giorni fa. Poi è stato sospeso appunto dall’intra moenia sia da Flor che dalla «CittàGiardino», mantenendo la responsabilità della Chirurgia mini-invasiva interna alla Clinica ostetrica e la direzione della Scuola di specialità. Oggi però i garanti consegneranno la loro relazione al direttore generale, che ne ratificherà il parere — obbligatorio ma non vincolante — in un provvedimento ufficiale, da inoltrare poi alla Regione e al rettore dell’Università, Rosario Rizzuto. Il quale ha già annunciato di voler sottoporre il documento all’attenzione del Collegio di disciplina dell’Ateneo, deputato eventualmente ad adottare ulteriori misure nei confronti del ginecologo.
Dal canto suo Litta, al centro anche di un fascicolo aperto dalla Procura per tentata concussione, può presentare ricorso urgente al giudice del lavoro. A sua difesa gli avvocati potrebbero ricordare che l’intervento di chiusura delle tube non rientra nei Livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale dietro corresponsione del solo ticket, ma è una prestazione a pagamento. E quindi difficilmente gravata da liste d’attesa.
Diversa la posizione della dottoressa Alessandra Andrisani, da poco responsabile del Centro di procreazione assistita della medesima Clinica ostetrica e ripresa da «Petrolio» mentre incassa 140 euro in nero per una visita. All’epoca dei fatti, prima di Natale, e fino al 31 dicembre 2017 la specialista svolgeva la libera professione in extra moenia, cioè nel suo studio privato, non in ospedale. Sarà eventualmente l’Università, suo datore di lavoro, a decidere se sanzionarla o meno per danno d’immagine.
«In reparto stiamo vivendo tutto ciò con disagio — ammette il professor Gianni Nardelli, direttore della Clinica ostetrica — i due professionisti sono rimasti regolarmente al loro posto, così da non creare alcuna difficoltà alle pazienti, tutelate al massimo. Ma se da oggi qualcosa dovesse cambiare, siamo pronti a riorganizzarci. Di fronte a una comunicazione ufficiale, tamponeremo la situazione».
Intanto gli ispettori mandati dalla Regione hanno escluso inadempienze da parte del Cup, perchè la giornalista di «Petrolio» ha telefonato al centralino per avere il numero dello studio privato della Andrisani. Domani invece gli ispettori controlleranno se le convenzioni firmate dall’Azienda ospedaliera con la «CittàGiardino» e con altri poliambulatori privati rispettino la delibera regionale del 2013 che impone ai medici ospedalieri di svolgere la libera professione intra moenia dentro le mura pubbliche. Michela Nicolussi Moro