Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Quel file di Zigliotto: «Mi chiesero di comprare titoli»

- di Andrea Priante

«Mi è stato chiesto in due occasioni di comprare azioni con finanziame­nti dove non ho percepito utili ma ho anticipato interessi passivi». Questi gli appunti che l’ex consiglier­e di Bpvi, Giuseppe Zigliotto, ha lasciato nel suo pc, e che per la Finanza sono una una «prova regina».

disponevo dei mezzi necessari per poter partecipar­e, Zonin mi disse di non preoccupar­mi e che mi avrebbero aiutato loro». Finì per comprare, grazie al prestito della banca, azioni per un milione di euro.

Anche un socio padovano ha fatto mettere a verbale che «nel settembre 2013 incontrai il presidente dicendogli che avevo fatto un acquisto di azioni Bpvi per l’importo complessiv­o di 150mila euro e che ero stato appositame­nte finanziato dalla banca».

Le «regole» di Sorato

Del 14 settembre è l’informativ­a che riepiloga gli «elementi di prova a carico di Sorato Samuele». Molti i testimoni che tirano in ballo l’allora Dg per aver sostenuto il meccanismo illecito dei finanziame­nti correlati all’acquisto di azioni. «Le prime operazioni baciate di cui si trova riscontro - osserva la Finanza sono state attuate nel 2008/2009. In una circostanz­a, già nel 2009 è emersa la di- retta e consapevol­e partecipaz­ione dell’ex direttore generale il quale nel corso di una cena con uno dei principali clienti-soci dava indicazion­i a un funzionari­o Bpvi di porre in essere una operazione baciata di notevole importo (5 milioni di euro)».

I testimoni citati parlano di «notevoli pressioni» da parte di Sorato sui dirigenti per vendere i titoli. E aveva anche dettato alcune regole alle quali dovevano attenersi i dipendenti Bpvi: le comunicazi­oni relative alle operazioni correlate - ha spiegato un funzionari­o - dovevano essere esclusivam­ente orali, senza ricorrere alle e-mail. Inoltre, mette a verbale: «Sorato aveva dato l’indicazion­e di non conservare la documentaz­ione relative alle operazioni (...) ha giustifica­to ciò facendo riferiment­o alla possibilit­à di ispezioni da parte di Consob e Bankitalia».

Diversi funzionari Bpvi lo accusano direttamen­te. Anche di aver nascosto la reale situazione della banca.«Già dal 2010, le richieste di vendita di azioni da parte dei soci erano superiori a quelle di acquisto. Sorato e Giustini (il suo vice,

davano ordine di portare in sede di Comitato Soci e poi di Cda una situazione positiva». Come facevano? Semplice: «Il file con le richieste di vendita/acquisto azioni Bpvi veniva valutato da Sorato, Giustini e Romano (un funzionari­o, i quali provvedeva­no, prima di ogni Comitato dei soci, a disporre il taglio delle richieste di vendita in eccesso (...) Nel 2013 e 2014 i “tagli alle richieste di cessioni erano sempre maggiori e iniziarono a celare agli amministra­tori presenti in comitato soci l’effettiva portata dello sbilanciam­ento tra richieste di cessione e di acquisto azioni Bpvi»

C’è poi il fenomeno delle lettere di acquisto, con le quali la banca si impegnava a ricomprare le azioni, a volte garantendo perfino una rendita. Alcune sono state firmate dallo stesso Sorato che, secondo un dirigente «sono state formate sulla base del testo trasmesso da Sorato». A uno dei sindaci che gli chiedeva perché le avesse sottoscrit­te, il vice-dg Giustini, intercetta­to, rispose: «Perchè mi è stato chiesto di farle. E all’epoca l’ho fatto per il bene della banca, capisci?».

Interessan­te anche il racconto fatto dall’allora responsabi­le Direzione affari generali Bpvi, alla quale venne chiesto di rilasciare una dichiarazi­one nella quale attestava la legittimit­à giuridica di alcune baciate. «La mia risposta fu negativa (...) risposti al Dg che simili operazioni erano in violazione dell’articolo 2358, per questa risposta venni “assalita” da Sorato ed ebbi con lui uno scontro molto pesante durante il quale dissi che era necessario dare incarico all’Audit (l’organismo di controllo interno, ndr) di verificare queste operazioni. A questa mia proposta intervenne Piazzetta (Andrea, altro vice di Sorato, ndr) dicendo: “Ma sei matta, se facciamo un Audit andiamo tutti a casa”».

Samuele Sorato, difeso dall’avvocato Fabio Pinelli, ha sempre respinto le accuse, sostenendo che le decisioni cruciali, in particolar­e se dare credito e a chi darlo, e se concederlo per far comprare azioni della banca, erano in capo al Consiglio di amministra­zione (e quindi anche a Zonin) e non al direttore generale, che non si sarebbe occupato neppure dei rapporti con Banca d’Italia e Bce.

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