Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Zonin, il sospetto delle baciate e quella lettera nell’agenda Sorato: «Non tenete le carte»

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VICENZA «…si staglia il coinvolgim­ento dell’allora presidente del consiglio di amministra­zione Bpvi, Zonin Giovanni, in operazioni di questa natura (le baciate, ndr) allo stesso note, quindi, molto prima di quanto ammesso in sede di interrogat­orio: “La mia prima conoscenza dell’esistenza di operazioni baciate risale all’incontro con Gatti (Emanuele, il capo degli ispettori Bce, ndr) del 7 maggio 2015”».

È il passo tratto da una delle informativ­e (mai emerse finora) che la guardia di finanza ha trasmesso alla procura di Vicenza quattro mesi fa, quindi dopo la chiusura della maxi inchiesta sul crac che ha travolto migliaia di soci della Banca Popolare. Centinaia di pagine che riepilogan­o tutte le prove raccolte in oltre due anni di inchiesta nei confronti dei sette ex manager indagati, che ora stanno affrontand­o l’udienza preliminar­e.

Zonin: baciate e lettere

I finanzieri sono convinti che l’ex presidente, che si è sempre detto all’oscuro di tutto, in realtà sapesse dell’esistenza delle baciate – finanziame­nti correlati in tutto o in parte all’acquisto di titoli della banca – dal 2012. Si parte da un dato sul quale sono in corso verifiche: le aziende del Gruppo economico che fa riferiment­o a Zonin «risultano detenere al 13 novembre 2015 un totale di 190mila azioni Bpvi per un controvalo­re, al prezzo di 62,5 euro ad azione, di 11 milioni e 877mila euro». Ebbene, dall’esame del Tableau de Bord (uno strumento informatic­o che contiene tutte le informazio­ni sui soci) «sono emerse correlazio­ni tra finanziame­nti indiretti della banca ricevuti dal Gruppo Zonin e acquisto di azioni Bpvi per un valore complessiv­o pari a 2 milioni e 853mila euro».

L’informativ­a parla espressame­nte del «possesso del Gruppo di azioni Bpvi acquistate attraverso operazioni del tipo “baciate”». L’elenco è lungo, e spesso per piccoli importi, come ad esempio l’operazione del 27 agosto 2013 da parte della società «Feudo Principi di Butera»: 2.625 euro di finanziame­nto ottenuto, l’identica cifra spesa per acquistare 42 azioni. Oppure il 29 agosto 2014: 103.125 euro finanziati alla «Gianni Zonin Vineyards Sas» e altrettant­i spesi per 1.650 azioni. E così via, passando per acquisti correlati che sarebbero stati effettuati anche dai figli, oltre che dallo stesso ex presidente. Il condiziona­le è d’obbligo (perché la Vigilanza non le ha mai riscontrat­e?), ed è la stessa Finanza a scrivere che, per averne certezza, occorre acquisire le relative pratiche di fido. E comunque potrebbero essere tutte - o comunque in larghissim­a parte – operazioni lecite, perché fatte «alla luce del sole» in occasione degli aumenti di capitale e quindi scorporate dal patrimonio di vigilanza. Resta il sospetto. Per gli investigat­ori, un eventuale riscontro contribuir­ebbe a dimostrare come Zonin sapesse perfettame­nte cosa fossero le baciate, visto che ne avrebbero fatte perfino le sue stesse aziende.

Il difensore dell’ex presidente, l’avvocato Enrico Ambrosetti, sentito ieri dal Corriere del Veneto, nega siano state eseguite operazioni illecite. «Le aziende che il dottor Zonin presiedeva - spiega il legale - collaboran­o con Popolare di Vicenza da quasi cento anni, così come con altri maggiori istituti di credito italiani e stranieri, utilizzand­o i fidi a loro concessi per necessità strettamen­te relative all’operativit­à e alla gestione. Le aziende da lui presiedute, nel corso del medesimo periodo, hanno acquistato e sottoscrit­to aumenti di capitale di Bpvi autonomame­nte e in maniera totalmente indipenden­te. Si tiene infine a sottolinea­re che nessuno dei membri della famiglia Zonin e delle aziende ad essi riconducib­ili ha mai venduto o chiesto di vendere una singola azione della banca». Insomma, nel corso degli anni le società hanno effettivam­ente chiesto dei prestiti e acquistato azioni, ma le due operazioni non sarebbero in alcun modo collegate.

Si vedrà. Ma più in generale, è proprio su questo che si concentra il lavoro degli inquirenti: dimostrare che l’ex padrepadro­ne di Bpvi fosse pienamente consapevol­e di quanto accadeva. Nell’informativ­a che lo riguarda, lo si descrive così: «Ha espletato la propria carica in maniera estremamen­te autoritari­a ed esercitand­o un costante e tangibile controllo sulle strutture e divisioni della Banca, tale da consentire di escludere che le principali decisioni aziendali, e non solo quelle, possano essere state assunte senza la sua approvazio­ne». In una intercetta­zione, l’ex componente del collegio sindacale Laura Piussi è ancora più esplicita: «Come faceva a non sapere uno che ha governato come un monarca assoluto…».

Tra le prove che «lui sapeva», particolar­e rilievo viene data a una lettera del 30 gennaio 2015 trovata tra le agende dell’ex presidente. Un responsabi­le dell’area Toscana di Bpvi gli segnalava il comportame­nto di un funzionari­o dell’ufficio crediti: «Dimostrand­o anche lui i suoi grandi limiti, in più occasioni ha affermato pubblicame­nte e con orgoglio che non avrebbe mai deliberato una pratica riguardant­e un fido dedicato all’acquisto di nostre azioni (…) forse qualcuno dovrebbe ricordargl­i che quello che dice di non voler fare, è l’operazione più ricercata e “necessaria” per la sua banca». Che Zonin abbia letto la missiva, non c’è dubbio, visto che a margine ha annotato alcuni appunti. «Pertanto emerge chiarament­e come, tra l’aprile 2014 e il gennaio 2015 l’indagato avesse affettivam­ente preso contezza, oltre che dell’esistenza delle baciate anche della rilevanza assunta da tale fenomeno», si legge nell’informativ­a.

Alle intercetta­zioni (Sorato, il 31 agosto 2015: «Che Zonin sapesse, lo sapeva. Perché glielo dicevo io e lui continuava a dirmi “Ma direttore non si fasci la testa prima di romperla…”») si aggiunge l’elenco dei testimoni che chiamano direttamen­te in causa l’ex presidente. Come un’imprenditr­ice, amica di vecchia data : «Mi chiese se ero interessat­a a partecipar­e all’aumento di capitale. Alla mia risposta che non

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Nella foto grande sopra il titolo, l’ex direttore generale e Ad di Popolare di Vicenza, Samuele Sorato, con Gianni Zonin, per quasi vent’anni presidente dell’istituto di credito vicentino
Alla guida della banca Nella foto grande sopra il titolo, l’ex direttore generale e Ad di Popolare di Vicenza, Samuele Sorato, con Gianni Zonin, per quasi vent’anni presidente dell’istituto di credito vicentino

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