Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Klugmann a Trieste La cucina è creazione
Oggi, alle 17, presso Eataly Trieste, Antonia Klugmann presenta «Di cuore e di coraggio. La mia storia, la mia cucina» (Giunti). Riva Tommaso Gulli 1, Trieste.
Parole chiave: stagione, orto, raccolta, mercato, odori, territorio, radici, no spreco. Antonia Klugmann si muove secondo i propri punti cardinali. Nella stagione caotica degli chef protagonisti, degli chef onnipresenti, degli chef magniloquenti che danno consigli su tutto (e fanno pubblicità a tutto), restare nel recinto saldo delle proprie competenze, anche quando si innova e lo si fa con non celata ambizione, è forse la sola ricetta di salvezza. E sì che di ricette ce ne sono tante, nel primo libro di Klugmann, Di cuore e di coraggio (Giunti). Per trovarle, tuttavia, si passa prima attraverso una storia individuale che è storia di famiglia e di luogo: Klugmann, che adesso vince le proprie timidezze con la ribalta televisiva di Masterchef, è innanzitutto una triestina, dunque di sangue fieramente misto, mescolato, a partire dalle origini ebraiche che si ritrovano nel cognome dell’est Europa, ma passando per Ferrara e per la Puglia. Chef e titolare all’Argine a Vencò (Dolegna del Collio, Gorizia), ma con due importanti passaggi veneti - prima al Dolada, in Alpago, dalla famiglia De Prà, poi come chef a Venissa, a Murano, coronata nel 2013 dalla stella Michelin - Klugmann è sincera e minimal anche quando confessa: «la trippa è stata una scoperta recente, era uno dei pezzi che meno riuscivo ad avvicinare dell’animale. Poi mi sono costretta a ragionarci un po’. Data la sua bellezza estetica, mi sembrava impossibile che non ci fosse un modo per impiegarla. E così è nato il piatto di trippa, porcini e tabacco». Ecco, come si vede, con Klugmann si sa come si comincia, ma non si sa come si finisce: la sorpresa è conseguenza della sperimentazione ardita, a volte spiazzante, ma dietro alla quale c’è una intensa ricerca. Sotto la stella di Ferran Adrià, l’uomo che da «El Bulli» ha rivoluzionato la cucina moderna e del quale Klugmann è ammiratrice. Dal gusto di fumo «che è come un filo conduttore nella cucina tradizionale friulana», al cosiddetto quinto quarto, ovvero quella parte della carne considerata da sempre meno pregiata eppure protagonista del libro (e del ristorante). Un libro che è un invito alla scoperta della propria ispirazione. Ecco, tra i punti cardinali abbiamo dimenticato la parola forse più importante: creare.