Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il fascino (proibito) delle armi «In Italia troppo pacifismo»
Non solo caccia: cresce il business che ormai supera i 3 miliardi
VICENZA Venghino venghino, tocchino e tastino. Toccare si può anzi si deve. E non solo toccare: si deve impugnare, armare e mirare, si può tirare il grilletto e fare «bum!» con la bocca, se vi piace. Al ragazzo che ha 17 anni ed è venuto su da Brescia con altri due coetanei, gli trema la mano...
VICENZA Venghino venghino, tocchino e tastino. Toccare si può anzi si deve. E non solo toccare: si deve impugnare, armare e mirare, si può tirare il grilletto e fare «bum!» con la bocca, se vi piace. Al ragazzo che ha 17 anni ed è venuto su da Brescia con altri due coetanei, gli trema la mano mentre punta ad altezza d’uomo una grossa calibro 9, 14 colpi nel caricatore e uno in canna. Ti piace? «Sì, mi piace e la comprerei, è un oggetto affascinante». Scarrella, alza il cane e fa clic. Il caricatore è vuoto naturalmente, di rischi non ce n’è. Però l’arma è lì, disponibile, assieme ad altre – pistole, revolver, fucili d’assalto, carabine, doppiette - assicurata al muro soltanto da un guinzaglio d’acciaio così che, se non fossimo sicuri di essere alla fiera delle armi di Vicenza, potremmo essere ad Austin in Texas in un qualsiasi «gun shop» con la differenza che neanche in Texas si è mai vista una tale ressa di persone.
Alle 10 di mattina una folla di alcune migliaia di persone premeva sui cancelli di ingresso, i parcheggi erano già pieni e le macchine salivano sulle aiuole così che i vigili non sapevano più come sbloccare il traffico all’uscita del casello di Vicenza est.
La «Hit Show 2018» di Vicenza misura la fascinazione per le armi da fuoco – feticcio, sogno proibito, oggetto del desiderio –, segnala il bisogno di sicurezza che vi sta dietro e dà conto di quanto vi ruota attorno in termini economici: 231 imprese costruttrici, 11.433 addetti per un fatturato che con l’indotto genera un volume di affari di 3.300 milioni di euro. In otto anni l’export è aumentato del 38%.
Vabbé, si dirà, ma ci sono anche le armi da caccia. Vero, all’ «Hit Show» di Vicenza ci sono anche quelle e non poche, ma i cacciatori sono in diminuzione (681 mila) mentre aumenta seppur di poco la quota di fucili e pistole detenute per difesa e uso sportivo, 0,66%.
Esportiamo quasi il 90% della produzione e l’America va matta per i nostri gingilli: il 2016 è stato l’anno d’oro, merito di Obama, che con l’annuncio di leggi più restrittive sulla vendita ha scatenato la corsa all’acquisto preventivo. L’arrivo di Trump, paradossalmente, ha fatto calare le vendite per la nota eterogenesi dei fini.
E da noi? Da noi non è come in America che basta strisciare un bancomat per portarsi a casa un fucile d’assalto, ma vorremmo tanto somigliarci: come loro anche noi abbiamo una potente lobby dei fabbricanti (loro la Nra, noi l’Anpam), non abbiamo Charlton Heston che la promuove ma Stefano Fiocchi il presidente Anpam (e produttore di munizioni) che ieri sembrava molto soddisfatto. Sua la chicca del paradosso obamiano e una su un cliente Usa per cinquantamila munizioni. Stefano Fiocchi e Matteo Marzotto (vice presidente esecutivo di Exibition Group) erano al piano superiore a premiare neolaureati con tesi che avevano a che fare con gli esplosivi mentre sotto il pubblico andava matto davanti a ogni sorta di arma da fuoco, mirava nei fucili telescopici, cacciava daini con il visore della realtà allargata e imparava come vestirsi da perfetto
marine (il settore moda è parte attiva del fatturato di settore).
E il nostro ragazzo? Il nostro ragazzo dovrà aspettare un anno almeno: a 18, se manterrà la fedina penale pulita, gli basterà una autocertificazione (il medico di base ratifica), passare una visita dal dottore legale dell’Usl (pura formalità) e, dopo un breve corso al poligono per dimostrare che sa maneggiare un’arma, potrà legittimamente chiedere il porto d’armi.
Il sindaco Achille Varati aveva chiesto che l’ingresso alla Fiera fosse vietato ai minori di 14 anni, richiesta «elusa», ci si è accordati come si fa per le discoteche: basta che siano accompagnati.
Così c’erano anche bambini di dieci anni che imbracciavano fucili sotto l’occhio benevolo dei papà. Diseducativo? «E perché mai? Mica gli insegno a fare il delinquente – replica un babbo di Torino – non c’è niente di criminale nel far conoscere le armi ai ragazzini, ne imparano il rispetto. Sono cacciatore e me lo porto in giro nei boschi. Se ha già sparato? Certo, nei baracconi delle sagre».
Tra gli stand girava anche un tizio con la faccia da Macerata e un giubbotto con su scritto «Dies Irae», ma dev’essere suggestione. Qui sono tutti suggestionati, i visitatori dal potere ferale delle armi e gli organizzatori dal complesso di persecuzione. Per dire, un giornalista del Manifesto è stato preventivamente redarguito all’ingresso: «Vorremmo uno sguardo che smentisca almeno per una volta il pregiudizio negativo che ha la stampa su di noi. Si può?». Si può certo.
Al convegno «Gli italiani e le armi: tra produzione e detenzione», sempre di sopra, ci hanno provato egregiamente e con argomenti scientifici. Secondo il sociologo Paolo De Nardis, che insegna all’Università la Sapienza di Roma, «il nostro paese è vittima di un iper-pacifismo acritico, un bias (parzialità faziosa, ndr) ideologico che ha scavato un solco tra armi e italianità mentre posso dimostrare che il numero dei legali possessori di armi da fuoco è inversamente proporzionale ai reati connessi alle armi. Chi detiene un’arma, come l’esperto di arti marziali, sa trattenersi e farà di tutto per non usarla».
Per il sociologo della Sapienza «pregiudizio e bias contribuiscono paradossalmente all’esaltazione e al fanatismo».
Morale? Smitizzare le armi è necessario, anzi, un’arma può far bene, come la «pet therapy» e la «ippoterapia», la «gun terapia» aspetta solo che qualcuno se la inventi.
Il sociologo L’Italia è vittima di un iper pacifismo acritico e ideologico