Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Mose, 100 milioni di danni Lite su chi deve pagare

Il progettist­a si difende: «Facciano pure ma sarà un giudice a stabilire chi ha sbagliato»

- A. Zo. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Errori o imprevisti tecnici: un conto da cento milioni per il Mose, che fa lievitare il costo della grande opera. I commissari chiedono i danni alle imprese. Ma è lite sulle responsabi­lità e su chi deve pagare.

Scontro aperto Alle responsabi­lità sono legati gli esborsi e la contesa finirà in tribunale

Il 31 dicembre 2018 è dietro l’angolo. Ma è ancora quella la data indicata nei documenti ufficiali per la consegna dei lavori del Mose di Venezia, sebbene il provvedito­re alle opere pubbliche Roberto Linetti abbia già detto che sarà difficile rispettarl­a, mentre il ministro uscente Graziano Delrio ha chiesto di accelerare e chiudere per fine anno. Un paio di settimane fa lo stesso ministro, d’intesa con il presidente dell’Anac Raffaele Cantone e il prefetto di Roma Paola Basilone ha cercato di risolvere uno dei problemi principali, ovvero quello dei fondi e della liquidità, nominando una triade di tecnici per dirimere i contrasti tra lo stesso provvedito­re e i commissari del Consorzio Venezia Nuova Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola. Si è quindi cercato di risolvere il «caso Mantovani» – dopo lo stop ai cantieri e i decreti ingiuntivi per circa 17 milioni complessiv­i concessi dal tribunale e subito opposti dal Cvn – firmando un sudato accordo che sblocca 25 milioni di nuovi lavori per dare un po’ di ossigeno all’impresa. Anche Condotte (che ha chiesto il concordato) e Grandi Lavori Fincosit, gli altri due «big» del Consorzio non navigano in buone acque.

Quello che fa più tremare però non sono solo i cantieri futuri, ma quelli del passato e i tanti problemi aperti, in parte risolti, in parte da risolvere, ma che rischiano di costare allo Stato quasi cento milioni, al lordo però delle richieste di danni. Il quadro è stato fatto proprio all’Anac e al prefetto lo scorso 12 dicembre, nella lettera che ha portato alla nomina del terzetto di esperti. In dieci schede curate dallo staff del commissari­o Ossola venivano elencati i problemi da risolvere e soprattutt­o i loro costi: dai sedimenti ai cassoni, dalla corrosione al jack-up (la nave speciale per mettere e togliere le paratoie), fino ai vari danni delle mareggiate. Il Mose costerà, secondo il prezzo chiuso stabilito, 5 miliardi e mezzo ed è normale che anche le riparazion­i siano a tanti zeri. Ecco dunque, per esempio, che per i sedimenti che si sono infilati sotto le dighe in maniera più consistent­e del previsto – tanto che in un’occasione una paratoia, dopo essere stata alzata per una prova, non era più tornata giù – sono già stati sostenuti costi per 2 milioni di euro tra test, rilievi e la rimozione alle schiere di Malamocco e Chioggia, mentre ne serviranno altri 9 per la pulizia al Lido e per implementa­re dei mezzi ad hoc. Altri 650 mila euro sono stati spesi per testare – e di fatto sminuire – il rischio di problemi di «risonanza» delle paratoie, segnalati da uno studio citato più volte dagli ambientali­sti, e 2 milioni per tenere sotto controllo l’assestamen­to dei cassoni, maggiore del previsto, ma pur sempre entro i limiti preoccupan­ti. Oltre tre milioni e mezzo sono stati investiti per risolvere il problema dei segni di corrosione sugli acciai, soprattutt­o sulla schiera di Treporti, ma la vera «stangata» rischia di arrivare a seconda di cosa si deciderà di fare sugli steli, gli elementi che tengono uniti il «maschio» e la «femmina» delle cerniere di collegamen­to tra cassone e paratoia. I progettist­i hanno confermato che gli steli possono durare altri 30 anni, o addirittur­a 50 rinnovando le protezioni, e questo costerebbe 6 milioni e mezzo; se invece si volessero sostituire tutti, come dicono i tecnici del Provvedito­rato, la cifra salirebbe a 31 milioni. Rimettere in sesto il jack-up è già costato 6 milioni, mentre 7 milioni saranno investiti per affinare la gestione futura del Mose, perché i protocolli trovati dai commissari erano carenti.

Chi paga? I commissari hanno sempre detto che andranno a fondo sulle carenze progettual­i o realizzati­ve e chiederann­o i danni. Sul jack-up in realtà è stata Mantovani a fare il primo passo, facendo causa al Consorzio. Fiengo e Ossola hanno fatto partire le prime diffide per il crollo di una parte della «lunata» (la scogliera di protezione) di Lido, travolta dalla mareggiata del 31 ottobre 2012, la cui riparazion­e è costata quasi 6 milioni. Altre mareggiate nel febbraio 2015 hanno messo ko la porta della conca di navigazion­e alla bocca di Malamocco e danneggiat­o alcuni tubi: per riparare la prima e adeguare anche quella «gemella» serviranno 28 milioni e sono già state inviate le diffide a progettist­i, collaudato­ri ed esecutori. Sui tubi è stata invece Fincosit ad andare in tribunale per chiedere una perizia. «Commissari e provvedito­re possono chiedere quello che vogliono, ma poi sarà un giudice a stabilire chi ha ragione - dice l’ingegner Alberto Scotti, progettist­a del Mose con la società Technital - Io ho la coscienza a posto, ho fatto del mio meglio: abbiamo fatto 600 progetti, potrebbe anche capitare di sbagliare qualcosa, ma deve essere un giudice a dirlo». Scotti lavora al progetto da decenni. «E’ una macchina complicata, può capitare che servano dei rimedi - conclude - Poi è facile dare la colpa al progettist­a, ma bisogna vedere come le imprese hanno realizzato le opere e se il direttore lavori ha controllat­o come doveva».

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 ??  ?? Lavori Uno dei tecnici del Consorzio mentre procede alla fase di pulitura dei famosi cassoni, che dovrebbero servire ad «arginare» le alte maree su Venezia
Lavori Uno dei tecnici del Consorzio mentre procede alla fase di pulitura dei famosi cassoni, che dovrebbero servire ad «arginare» le alte maree su Venezia

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