Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
In platea, tra larghe intese e spauracchio M5S
Achi si affiderebbero gli imprenditori nel segreto dell’urna prossima ventura? Dalla platea di Verona sale un plebiscito: al ministro Carlo Calenda. Che però non è candidato. La tentazione delle larghe intese e lo spettro M5S.
Sarà che mancano poco più di quindici giorni alle elezioni politiche, sarà che ognuno dei settemila industriali stipati nei saloni della fiera ti dice come prima cosa che «i temi cari a chi fa impresa sono completamente esclusi dalla campagna elettorale», fatto sta che le parole di Alberto Baban, già presidente nazionale della Piccola di Confindustria, suonano come una dichiarazione programmatica: «Qui sta nascendo il partito degli imprenditori».
Suggestivo. Rimane il fatto, però, che questo «partito» il prossimo 4 marzo è chiamato a una scelta di campo rispetto alla quale i motivi di preoccupazione risultano sicuramente superiori a quelli di convinta adesione. In sostanza, di chi si fidano - meglio, si fiderebbero - le imprese in questa tornata elettorale? Alla domanda diretta, è un plebiscito: ci fidiamo di Carlo Calenda, ministro uscente dello Sviluppo economico. Il quale, vedi il caso, non compare nel lunghissimo elenco dei candidati al Parlamento eppure è molto attivo in questa campagna elettorale. Un ruolo che somiglia molto a quello di «riserva della Repubblica», nel caso in cui, a urne aperte e spoglio avvenuto, nessuno dei contendenti sia riuscito ad aggiudicarsi una maggioranza assoluta.
Marco Gay, torinese, imprenditore innovativo e amministratore delegato di Digital Magics (incubatore di progetti digitali), lo spiega così: «Calenda è un ottimo ministro e mi è piaciuto molto come tecnico per l’impatto politico che hanno avuto i suoi provvedimenti». In testa a tutti, manco a dirlo, c’è il Piano «Industria 4.0» con i suoi amatissimi (dagli imprenditori) super e iperammortamenti per il rinnovo del parco macchinari. Una prospettiva che manda ai matti gli uomini di impresa è che i prossimi governanti possano decidere di smantellarli, insieme con il Jobs Act e magari pure con la legge Fornero sulle pensioni.
«Comunque vadano le elezioni - ragiona Gianni Potti, padovano, l’uomo che in Confindustria si occupa dei servizi innovativi e tecnologici l’importante è che chi arriva a governare non disfi quanto di buono hanno fatto i precedessori e che abbia, nel concreto, le capacità dimostrate da Calenda (sempre lui, ndr) nella partita di Industria 4.0. Parlando con diversi colleghi qui in fiera - aggiunge Potti - è emersa chiaramente questa prospettiva: in fondo non sarebbe un grande male se non dovesse vincere nessuno in modo netto, meglio un “governo di scopo” concentrato su quattro-cinque cose da fare piuttosto che un governo demolitorio». Tradotto e calato sul campo: vade retro 5 Stelle.
Luciano Miotto, già vicepresidente di Confindustria Veneto, esplicita il concetto: «Non voto per chi è sempre contro come i 5 Stelle, troppo facile contestare tutti. Il mio cuore è a centrodestra ma il centrodestra questa volta mi sta mettendo in difficoltà... In generale sento tante proposte e promesse illusorie».
Vista dai 35 anni di Eugenio Calearo Ciman, leader dei giovani industriale della regione, la classe politica ha perso di credibilità lungo tutto l’arco costituzionale: «Vedo poche buone idee ma soprattutto proposte che non vanno nella direzione dello sviluppo e del cambiamento: nessuno parla di riduzione del cuneo fiscale o di abbattimento del gap retributivo tra uomo e donna». Dicono invece che Calearo Ciman senior (Massimo, già inopinato parlamentare del Pd all’epoca degli innamoramenti veltroniani), tifi apertamente come molti colleghi imprenditori per un governo «Renzusconi»: larghe intese contro derive imprevedibili.
Rincara Massimo Finco, capo degli industriali padovani: «La fiera delle promesse messa in scena dai partiti è perfino offensiva. Non ci sono scorciatoie o ricette diverse da quella di investire sulla competitività delle imprese».
All’altro capo dell’Italia, il sentiment non è molto diverso. Giancarlo Negro ha guidato a Verona una nutrita rappresentanza di industriali salentini: «A chi ci affidiamo? Siamo molto preoccupati, nei programmi elettorali manca completamente una visione mirata allo sviluppo. Uno serio e preparato, con un profilo tecnico, si è dimostrato il ministro Calenda (ancora lui!, ndr). Ci spaventa la prospettiva che si vada incontro, dopo il voto, a un governo a tempo determinato».
Pietro («Niente cognome, per gentilezza»), imprenditore siciliano nel settore delle costruzioni, si lascia andare davanti a un caffè al bar della fiera: «Dalle nostre parti dicono che potrebbero andare forte i 5 Stelle. Se vincono loro, siamo fregati». Il verbo utilizzato non era esattamente quello.
Gli scenari Il ministro dello Sviluppo non è candidato ma potrebbe essere richiamato Il «nemico» Il costruttore siciliano: «Da noi vanno forte, se vincono i 5 Stelle siamo fregati»