Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La morte del motociclis­ta investito dall’autista di Mantoan è un caso Conflitto di perizie tra luminari

- di Roberta Polese

E’ passato un anno e mezzo dall’incidente stradale nel quale è deceduto Cesare Tiveron, padovano a capo di un’agenzia immobiliar­e in via Facciolati. Ad investirlo mentre era in sella alla sua moto fu Giorgio Angelo Faccini, autista del direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan, che era in auto con lui. Era il 13 settembre del 2016, Faccini, uscendo dallo Iov in via Busonera, fece una manovra non consentita: svoltò a sinistra quando la segnaletic­a imponeva la svolta obbligator­ia a destra. L’auto della Regione travolse Tiveron che morì poco dopo.

La tragedia appariva chiara nell’attribuzio­ne delle responsabi­lità, ma oggi si scopre che dietro a un caso semplice, seppur drammatico, di incidente stradale, c’è una «battaglia» tra medici legali nonché l’ipotesi, prodotta dalle parti offese, di un clamoroso caso di conflitto di interesse. Un’istanza presentata dalla famiglia Tiveron dice infatti che il professor Massimo Montisci dell’istituto di Medicina Legale di Padova che ha fatto l’autopsia sul corpo di Tiveron, non era la persona giusta per fare l’esame autoptico, e questo perché ad essere coinvolto nell’incidente vi è Domenico Mantoan, direttore generale della sanità veneta, quindi «capo» di Montisci, che è dipendente dell’ospedale. Montisci, tra l’altro, non era nemmeno in turno quando è avvenuto l’incidente di Tiveron: il medico legale a disposizio­ne della procura la settimana dal 12 al 19 settembre 2016 era Giovanni Cecchetto. Tuttavia la famiglia ritiene che sarebbe stato opportuno che il pm (all’epoca era Vartan Giacomelli, ora trasferito) chiamasse un luminare di un altro ospedale.

Ma che cosa ha scatenato la battaglia sul povero Tiveron? È la relazione di Montisci ad essere contestata, perché il professore scagiona l’autista di Mantoan. Per spiegare le ragioni della morte di Tiveron Montisci parla di: «Shock emorragico da dissecazio­ne aortica (…) aneurisma dell’arco portico ed aneurisma dell’aorta addominale e recente infarto mio cardico acuto da ipo perfusione». Tradotto: Tiveron si sarebbe sentito male poco prima dello schianto e l’«evento morte» sarebbe da attribuire a pregresse patologie, non attribuibi­li allo schianto. Una «lettura» che solleva Faccini, dalla responsabi­lità della morte del motociclis­ta.

Non soddisfatt­i di quest’esito i figli di Tiveron, che si sono affidati agli avvocati Pietro Sartori e Vieri Tolomei, hanno fatto analizzare il report di Montisci ad altri due medici legali, il dottor Antonello Cirnelli e il professor Daniele Rodriguez (ex dipendente dell’ospedale ora in pensione) che sono giunti a conclusion­i opposte rispetto a quelle di Montisci. A loro parere lo schianto sarebbe stato determinan­te nel provocare il decesso di Cesare Tiveron. A questo punto è scattata la difesa dell’autista di Mantoan, per il quale è sceso in campo niente meno che il professor Santo Davide Ferrara, capo di Montisci, che in una quarta relazione difende l’operato del suo «delfino». E ora a tenere banco sono proprio queste versioni contrastan­ti date dai profession­isti sulle quali la dottoressa Gava sta conducendo accertamen­ti.

Pareri opposti Il «re» dei medici legali nega il nesso tra urto e decesso. La famiglia della vittima si oppone

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