Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
MOLTA CONFUSIONE AL VOTO
Nebbia in Valpadana. Oltre a quella meteorologica che confonde i contorni di chiese e palazzi e in questo sta il suo fascino, sempre più incombe sulla testa delle persone la nebbia preelettorale. Fra domande senza risposta, discorsi dei politici di professione in tv o altri media, chiacchiere da salotto «impegnato» dominate dalla (pseudo) sicurezza di aver già in tasca i risultati del 4 marzo e le loro conseguenze, tutto o quasi è improntato alla confusione. Cerchiamo di esemplificare. Le polemiche dei talk - un po’ meno aggressive nei giorni scorsi per effetto Sanremo - sono di solito sempre più somiglianti a risse da Bar Sport prima di un derby, ma in realtà ripetono le stesse cose, più o meno condite da insulti, litanie di frasi fatte, promesse irrealizzabili, in una gara a chi la spara più grossa, come quando il «papi» nazionale, ormai nonno dopo i giorni felici del bunga bunga, ha annunciato che, a vittoria (sicura) della destra, rispedirà a casa 600.000 immigrati. E anche se alcuni eccessi, come l’invito pentastellato a scoprire le nefandezze degli avversari, qui in Veneto sono stati prontamente rispediti al mittente, non sono ancora sopiti i malumori per le candidature, tanto che pare stia nascendo un comitato finalizzato a presentare ricorso. Senza dire delle «mele marce» e di cosa sarà di loro. Nella nostra regione sembra sicuro a molti che sarà la Lega a ottenere la fetta più grossa delle torta, però, specie dopo Brexit e Trump, tutto può succedere.
Sia che vinca il partito degli astensionisti sia che si vada a votare turandosi il naso come ai tempi della Dc d’antan. Il nuovo può cedere all’antico, anche perché ai cittadini le riforme vanno mostrate con chiarezza, visto che buona parte della gente non ha ancora ben capito la differenza fra maggioritario e proporzionale. Intanto, di cosa parlano partiti e movimenti? Ma di crescita, ovvio, di occupazione, di taglio delle tasse, di lotta agli evasori, mentre la classe media sta diventando povera e i giovani o fanno gli «sdraiati» o espatriano, se la famiglia glielo può permettere. Intanto ancora, noti personaggi di destra si sono candidati a sinistra (si fa per dire) e viceversa. E la vocazione delle «sinistre-sinistre» al suicidio si rende sempre più palese e rende comprensibile, benché discutibile, la tentazione di restarsene, il 4 marzo, sul divano di casa a guardare la tele. Comunque è divertente, al di là del nuovo che non c’è - salvo alcune parole come flattax e a orribili post di teste mozzate notare i pro e i contro che seguaci e nemici, in rete al bar o sulla carta stampata, attribuiscono ai big. Dall’immarcescibile che non può candidarsi ma può ancora vantarsi di essere l’uomo «del fare» (i fatti suoi di sicuro, mentre già pensa a come, a vittoria ottenuta, si libererà dell’onorata ditta Salvini e Meloni), all’uomo «del già fatto». Del primo si dice che è un grande combattente, generoso e simpatico, che è stato perseguitato dalla magistratura, oppure, per chi se ne ricorda, che è stato autore di leggi ad personam. Del secondo che è arrogante, troppo circondato dal Giglio Magico, troppo «Red Bull», troppo a destra ma qualcosa di buono lo ha fatto. Di Salvini che odia gli immigrati ma alla fine è colui che serve per piantarla con l’ipocrisia dell’accoglienza. Di Meloni che, quando parla, spara a raffica i «mi lasci finire» bloccando le repliche, che è troppo nostalgica, però è preparata e «ha gli attributi». Di Di Maio che invece preparato non è, e non solo in grammatica. Di Gentiloni che è rassicurante come un ansiolitico, all’estero si presenta bene ed è pure conte, e si sente. Per tacere dei rappresentanti del «Popolo della famiglia» che auspicano il ritorno della donna al ruolo esclusivo di mater familias, che se ne sta a casa a occuparsi di figli e vegliardi, ragion per cui si propone per lei l’istituzione di un reddito mensile di mille euro. Insomma gli italiani più creativi sanno sempre, se non come andare avanti, come tornare indietro. Delle donne in generale, comunque, per ora si parla pochino, a meno che siano massacrate, violentate, molestate vere o presunte, o appunto per rimandarle ai fornelli. Ma dopo il 4 marzo ci sarà l’8 marzo, ragazze! Alcuni uomini, politici e non, coltivano la speranza che commosse da mimose e doni (in tempi sempre più avari), ce ne stiamo buone e zitte. Ma non sarà così.