Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Cene, collane e iPhone in cambio delle visure finanziere accusato di accesso abusivo e tangenti
L’orafo vicentino Bernardo Capparotto gli avrebbe pagato una cena per due e regalato una collana in oro del valore di 3 mila euro. Lui in cambio si era messo a sua disposizione, recandosi nella sede della Polizia stradale di Vicenza a fine 2014 per carpire informazioni su un’inchiesta in corso e poi effettuando ricerche non autorizzate nell’Anagrafe tributaria. Perché la «specialità» di Giovanni Grassi, 57enne di origini napoletane ma residente a Treviso, ex capitano del Nucleo di polizia tributaria di Vicenza, era proprio quella di intrufolarsi nel sistema informatico delle fiamme gialle e rivelare notizie segrete a svariate persone, spesso ottenendone qualcosa in cambio. O, perlomeno, questa è la tesi del pm di Venezia Laura Cameli, che ha portato a processo Grassi con l’accusa di accesso abusivo al sistema informatico, rivelazione di segreto d’ufficio, reati fiscali, corruzione e anche, in un caso, induzione indebita.
Ieri si è aperta l’udienza preliminare a Venezia, perché i reati informatici sono di competenza della procura distrettuale. Oltre a Grassi e Capparotto ci sono altri undici imputati, cioè coloro che hanno chiesto e ottenuto le informazioni. L’inchiesta era nata proprio a Vicenza, dalle intercettazioni nei confronti di Capparotto, indagato per frode fiscale. Gli inquirenti avevano rilevato i contatti frequenti tra l’orafo e il finanziere e quindi avevano messo anche quest’ultimo sotto ascolto. Da lì avrebbero avuto le prove dei contatti tra Grassi e coloro che gli chiedevano informazioni su altre persone o società oppure sulle verifiche fiscali in corso. A partire dalla sorella Matilde, per arrivare a chi invece pagava per il servizio, con un sistema collaudato: costringere (e qui sta l’induzione indebita) un carrozziere di Povegliano (Treviso) e la sua collaboratrice a emettere una decina di fatture false per complessivi 20 mila euro nei confronti dei beneficiari delle visure, che venivano poi girati in nero a Grassi. Per questo i tre sono anche accusati di emissione di fatture per operazioni inesistenti. In altre occasioni Grassi aveva ricevuto cene in un rifugio di montagna, treni di gomme. un iPhone, un iMac e vario materiale informatico.