Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Processo Coimpo: stop alle intercettazioni
Quattro morti sul lavoro, no del giudice alla richiesta del Pm di usare atti delle inchieste sui rifiuti
Entrato ieri nel vivo il processo per i quattro morti sul lavoro alla «Coimpo» di Adria del 22 settembre 2014. Oltre alle prime testimonianze, il dibattito in aula ha riservato molti scontri tra il Pm Sabrina Duò e il giudice Nicoletta Stefanutti. Quest’ultima ha rigettato la richiesta del Pm di introdurre nel procedimento le intercettazioni ambientali eseguite dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Venezia riguardanti sei degli otto imputati nel fascicolo nel quale si ipotizza lo spandimento di fanghi da depurazione illegalmente trattati, quindi pericolosi per ambiente e salute, su terreni agricoli da parte di «Coimpo».
Una richiesta, quella della Duò, legata al fatto che, nella scorsa udienza, il Pm ha aggiunto un nuovo capo d’imputazione per sette imputati. Ovvero la rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, reato che prevede pene dai tre ai dieci anni di reclusione. Alla richiesta si sono opposti gli avvocati difensori Luigi Migliorini e Marco Petternella eccependo sull’indispensabilità di intercettazioni effettuate in un altro procedimento penale e i legali si sono visti dare ragione dal giudice.
Escono così dal processo le intercettazioni che hanno sconvolto il mondo politico adriese e non solo. Lo scorso 17 gennaio, in consiglio comunale ad Adria, l’esponente di maggioranza Luca Azzano Cantarutti (Indipendenza Noi Veneto) aveva citato un’intercettazione del 19 novembre 2015 nella quale il vicesindaco Federico Simoni avrebbe detto: «C’è un tecnico comunale che va addomesticato». Il riferimento era a Devis Casetta, geologo incaricato dal Comune adriese per le analisi dei terreni «Coimpo».
Ieri poi iniziate le testimonianze su quella mattina del 22 settembre 2014 nella quale perse la vita il camionista Giuseppe Baldan, 48enne di Campolongo Maggiore (Venezia) impiegato della «Psc Prima» di Marano di Mira (Venezia) che sversò acido solforico in una vasca coi fanghi causando la reazione chimica e conseguente nube-killer. Con Baldan morirono tre addetti «Coimpo»: l’adriese 28enne Nicolò Bellato, il 47enne rodigino Marco Berti e il 53enne anch’egli di Adria Paolo Valesella. I quattro respirarono acido solfidrico in concentrazione troppo elevata, morendo soffocati quasi subito.
L’ex capitano dei carabinieri della Compagnia di Adria, Davide Papasodaro, ha ricordato come dal giugno 2013 i residenti della zona chiedessero l’intervento dell’Arma per i cattivi odori dallo stabilimento.
A difendersi in aula anche dall’accusa di omicidio colposo e da reati ambientali sono: l’ex proprietario dell’azienda Mauro Luise; un dipendente «Coimpo», l’ingegnere di Ferrara Michele Fiore; i tre legali rappresentanti dell’azienda Gianni Pagnin, di Noventa Padovana con sua figlia Alessia e l’adriese Glenda Luise, 26enne; Rossano Stocco di Villadose, titolare della «Agribiofert» di Villadose, gestore in affitto della vasca in cui si sviluppò la nube tossica; l’impiegato Mario Crepaldi di Adria che, quella mattina, aprì il cancello a una delle vittime, il camionista Giuseppe Baldan.
L’ottavo è il veneziano di Dolo Alberto Albertini, titolare dell’autotrasportatore che non risponde dei presunti reati ambientali e del nuovo capo d’imputazione.