Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Appelli d’esame a rischio La protesta dei docenti travolgerà l’estate del Bo
Il governo non ha ancora sbloccato scatti e borse di studio
Da Ingegneria industriale a Medicina molecolare, da Beni culturali a Scienze politiche, la protesta non risparmia nessuna branca del sapere e coinvolge anche il Bo.
I professori universitari incrociano le braccia per la seconda volta in meno di un anno: il Movimento per la dignità della docenza universitaria, coordinato da Carlo Ferraro del Politecnico di Torino, ha proclamato infatti uno sciopero degli esami dal primo giugno al 31 luglio, che fa il paio con quello andato in scena tra agosto e ottobre. In quell’occasione l’iniziativa aveva coinvolto circa 13.500 docenti in tutta Italia, cioè il 28% del totale, di cui 253 a Padova. Adesso, quando mancano più di tre mesi alla sessione estiva e alla nuova ondata di astensioni dagli esami, i numeri sembrano destinati ad aumentare, tanto che la lettera del Movimento al ministero dell’Istruzione ha raccolto 6.800 firme (contro le 5.500 della scorsa estate).
Al Bo hanno già aderito 230 docenti, e in questi giorni il Sindacato degli studenti ha iniziato a contattarli uno a uno per concordare le modalità d’esame: durante la sessione estiva, infatti, chi aderisce allo sciopero si asterrà dal primo appello e rimanderà tutti gli esami alla data dell’appello successivo, che si svolgerà regolarmente. Se il calendario prevede un solo appello, l’Ateneo si impegna a fissare un appello straordinario dopo un paio di settimane; per venire incontro agli studenti, il Movimento ha previsto un appello straordinario nella settimana successiva al primo per chi deve laurearsi o concludere l’Erasmus in tempi stretti, ma anche per le studentesse in dolce attesa e per tutti i candidati con problemi di salute.
La protesta nasce dalla legge di bilancio 2018, contestata per l’assenza di misure sullo sblocco delle classi e degli scatti; due settimane fa una delegazione del Movimento ha anche incontrato il ministro Valeria Fedeli, ma il confronto non ha sortito effetto. Le richieste dei docenti sono cinque: lo sblocco delle classi e degli scatti stipendiali bloccati nel quinquennio 2011-15 a partire dal primo gennaio del 2015 (e non del 2016) «com’è stato previsto per tutti gli altri dipendenti pubblici», il riconoscimento a fini giuridici del quadriennio 2011-14 solo in relazione allo sblocco dall’inizio del 2015, lo sblocco per i docenti di prima e seconda fascia assunti nel quinquennio 2011-15, uno stanziamento di 80 milioni per le borse di studio con cui porre fine alla figura dello studente «meritevole senza borsa» e lo stanziamento di nuove risorse per mettere a concorso 14 mila posti (6 mila da docente associato e 4 mila da docente ordinario, quasi tutti per il cambio di fascia o di ruolo nella sede di appartenenza, più altri 4 mila da ricercatore di tipo B) con cui «accedere a funzioni più utili per il Paese» e «assicurare il ricambio generazionale della docenza».
L’anno scorso, il timore di disagi aveva suscitato qualche protesta tra gli studenti; a tal proposito, il Movimento ritiene che le modalità di astensione siano «nel contempo rispettose del diritto di sciopero garantito costituzionalmente e del diritto degli utenti (in questo caso gli studenti) di avere servizi ridotti ma non annullati».