Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Tangenti, condannati Ascierto e Marcon
L’inchiesta Pantano si conclude: ci sono anche l’ex deputato e l’ex direttore Ater
Undici condanne e PADOVA cinque assoluzioni. Si è conclusa ieri dopo 9 ore di camera di consiglio la cosidetta inchiesta «Pantano», la prima indagine su tangenti e mazzette a Padova dopo lo scandalo di Tangentopoli. Il giudice ha condannato a vario titolo i principali attori della vicenda a 18 anni e mezzo di pena. Tra i condannati spiccano l’ex parlamentare del Pdl Filippo Ascierto e l’ex direttore dell’Ater di Padova e Venezia Aldo Luciano Marcon.
Ci sono volute oltre 9 ore di camera di consiglio per definire i profili delle colpe dei 17 imputati coinvolti nell’inchiesta «Pantano», la prima indagine per mazzette fatta a Padova dopo lo scandalo della tangentopoli degli anni Novanta. Pochi gli imputati in aula, gremita invece di tutti i vip del foro padovano.
L’indagine per turbativa d’asta, corruzione, falso ideologico e materiale, truffa e malversazione si è conclusa con un totale di 18 anni e mezzo di pena inflitti a vario titolo ai principali attori di questa brutta pagina della pubblica amministrazione padovana, a fronte dei 35 anni chiesti dal pubblico ministero Federica Baccaglini. Undici le condanne, cinque le assoluzioni, in un caso gli atti sono stati restituiti al pubblico ministero per nuove indagini.
Condannati: l’ex tenente colonnello dell’esercito Roberto Lasalvia, detto «Mr 10%» perché tratteneva appunto quella quota negli appalti, che ha preso 3 anni 5 mesi; all’ex An, poi Pdl e ora forzista Filippo Ascierto sono stati inflitti 1 anno e 2 mesi; due anni e 9 mesi all’ex capo dell’Ater di Padova e di Venezia Aldo Luciano Marcon; un anno e cinque mesi all’assicuratore, amico di Marcon, Erminio Oscar Rigillo; l’intermediario Mario Bonin ha preso un anno e sette mesi; un anno 11 mesi e 14 giorni invece all’imprenditore Andrea Caporello. E ancora: un anno e 8 mesi sono stati inflitti al dipendente dell’Ater Sante Graziano Cogo, l’impiegato della provincia Nazario Borina ha preso un anno e 10 mesi, un anno invece all’imprenditore Giuseppe Serasin; sette mesi all’imprenditore Antonio Baraldo; infine un anno e tre mesi all’impresario Nick Favero.
Assolti: Luana Levis, ex compagna di Ascierto, il dipendente della Provincia Massimiliano Berto, l’imprenditore Luca Simone Ferro, Saba Favero, fratello di Nick, anche lui impresario, e Fiorenzo Boschello, dipendente della Provincia. Per la posizione di Luca Frigo, della Provincia, il giudice ha disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero.
L’impianto dell’accusa appare a grandi linee confermato, data la condanna dei principali attori della vicenda, e il proscioglimento delle figure marginali. Il presidente del collegio Nicoletta Stefanutti ha in parte derubricato le accuse e ridimensionato le condanne. Per sapere le motivazioni della sentenza bisognerà aspettare ancora 90 giorni.
L’inchiesta era nata nel 2012 da una costola di un’indagine sulla gestione dell’Arpav di Padova avviata nel 2009 e giunta ora in secondo grado di giudizio. Sono due i «sistemi» per la gestione appalti rintracciati dai carabinieri del Reparto operativo di Padova, che insieme ai colleghi della Guardia di Finanza hanno eseguito le indagini. Da un lato c’erano le gare d’appalto in cui le ditte formavano un «cartello» stabilendo chi doveva vincere. Dall’altro c’erano gli affidamenti diretti, e anche in questo caso «il giro delle assegnazioni» era deciso sempre dalle stesse persone che restituivano ai pubblici amministratori favori e ricompense.
Il malaffare si estendeva a tutti gli enti della città: Comune, Provincia, Esercito e Ater. Nella bufera era finito anche Filippo Ascierto, ex parlamentare di An, e poi imprenditore a capo di una Onlus. Ascierto è stato condannato per aver gonfiato le fatture della Onlus rimborsate da Palazzo Moroni per l’organizzazione di una festa contro lo spaccio nel 2011, e per malversazione a danno dello Stato per aver distratto fondi dall’associazione «deviandoli» sulla casa che si stava costruendo a Montegrotto.