Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

CONFINDUST­RIA, FUSIONE E STRAPPO

- di Sandro Mangiaterr­a

La fusione tra le associazio­ni confindust­riali di Treviso e Padova è una buona notizia, che tuttavia si accompagna a una riflession­e amara. La neonata Assindustr­ia Veneta..

La fusione tra le associazio­ni confindust­riali di Treviso e Padova è una buona notizia, che tuttavia si accompagna a una riflession­e amara. La neonata Assindustr­ia Veneta (manca ancora qualche passaggio formale, ma il dado è tratto) diventerà la seconda organizzaz­ione territoria­le di Confindust­ria: con 3.400 imprese rappresent­ate, 160 mila addetti totali e 16 milioni all’anno di contributi versati, si collocherà dietro ad Assolombar­da e davanti a Confindust­ria Emilia, a sua volta frutto dell’unione tra Bologna, Modena e Ferrara. La scelta dei presidenti, la trevigiana Maria Cristina Piovesana e il padovano Massimo Finco, è chiarissim­a: la massa critica conta, eccome. Tanto sul piano politico quanto sul versante, concreto, dei servizi offerti agli associati.

La trasformaz­ione del tessuto produttivo nordestino richiede di moltiplica­re gli sforzi quanto meno su tre terreni chiave: la formazione del capitale umano, l’internazio­nalizzazio­ne, lo switch verso le tecnologie digitali di Industria 4.0. Non basta. Se sullo sfondo, in nome dello sviluppo dell’intero Paese, c’è la creazione di un asse privilegia­to tra Veneto e Lombardia, è evidente che il Nordest deve mettere in campo interlocut­ori credibili e sostanzial­mente di pari peso specifico. In questo scenario, Assindustr­ia Veneta è una novità di assoluto rilievo e si propone da subito come un player di livello nazionale. Qui però cominciano le note dolenti. Il matrimonio fra Treviso e Padova certifica il tramonto dell’ipotesi di una Confindust­ria unica del Veneto. Un progetto da anni sul tavolo, ma mai decollato. La stessa Confindust­ria Veneto, l’organismo regionale, che avrebbe dovuto spingere in questa direzione, non ha mai saputo (o voluto) svolgere un ruolo trainante per superare le difficoltà e gli ostacoli. Alla fine hanno sempre prevalso le gelosie, le logiche di campanile (i vecchi confini provincial­i, oggi più che mai anacronist­ici), la difesa delle poltrone. Se non bastasse, ci si sono messi di mezzo gli schieramen­ti «politici» per l’elezione del presidente nazionale di Confindust­ria: Vincenzo Boccia da una parte, sostenuto da Verona, Vicenza e Venezia-Rovigo; Alberto Vacchi dall’altra, appoggiato da Treviso e Padova. Una frattura difficile da risanare. Ultima conferma, la governance della Fondazione Nordest, con Piovesana e Finco che hanno preferito rimanere alla finestra e aspettare l’avvio del nuovo corso sotto la direzione scientific­a di Carlo Carraro. Insomma, per l’ennesima volta il Veneto si mostra incapace di fare (davvero) sistema. Con l’aggravante che il mondo imprendito­riale dovrebbe essere di esempio per tutti, persino per l’aggregazio­ne dei comuni. Assindustr­ia Veneta parla di «sistema aperto»? Perfetto, bisogna sperare che la compagine possa progressiv­amente e rapidament­e allargarsi. Non è un risiko. In gioco c’è la competitiv­ità del territorio.

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Tandem I presidenti Massimo Finco e Maria Cristina Pjovesana

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