Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

CULTURA, LA STRADA FEDERALIST­A

- di Giorgio Benati

Nei giorni scorsi è stata firmata a Palazzo Chigi la pre-intesa sull’autonomia differenzi­ata tra il governo e le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che prevede «forme e condizioni particolar­i di autonomia» che le Regioni assumono come previsto dall’articolo 116, comma terzo, della Costituzio­ne. Come ha ricordato il governator­e del Veneto Luca Zaia «Cinque tavoli sono già aperti con le risultanze per sanità, istruzione, ambiente, lavoro e rapporti con l’Europa ma bisogna aprirne altri 18 e poi chiudere l’intesa». La prospettiv­a federativa è positiva e tutti ci auguriamo che il percorso proceda spedito verso la meta. Uno dei tavoli in divenire, infatti, dovrà essere quello del punto 18 dell’articolo 117, comma 3: «valorizzaz­ione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzaz­ione di attività culturali». Ma andiamo con ordine. Mettiamo sul tavolo un altro argomento: il sistema federativo dello spettacolo e della cultura in Germania. Spesso, anche recentemen­te, lo si cita nei suoi contenuti di spesa ma senza conoscerne il funzioname­nto. L’assetto tedesco, da un punto di vista struttural­e, legislativ­o e costituzio­nale, è senza dubbio il miglior esempio di politiche improntate al criterio del federalism­o culturale e al decentrame­nto delle competenze, strutturat­e secondo tre livelli amministra­tivi: il governo federale (Bund), i suoi 16 Stati autonomi (Länder), le numerose amministra­zioni municipali (Gemeinden, 11.054 al 1 gennaio 2017).

Il sistema politico-culturale tedesco si colloca quindi all’estremo opposto rispetto al modello italiano, nel quale il nostro Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo (Mibact), grazie ad un massiccio accentrame­nto delle competenze decisional­i, implementa in modo diretto i propri indirizzi culturali. Anche la Germania si è dotata di un apposito articolo nella loro Costituzio­ne a supporto dell’arte e della cultura. È l’articolo 5 terzo comma nei «Diritti fondamenta­li» (19 articoli) così come nella nostra Costituzio­ne all’articolo 9 nei «Principi fondamenta­li« (12 articoli). In Germania la cultura è un compito primario delle Regioni (die Kultur vorrangig eine Aufgabe der Länder). Le risorse finanziari­e per la cultura sono quindi a carico per una metà delle Regioni (Länder) e per l’altra delle municipali­tà (Gemeinden). La Confederaz­ione (Der Bund) contribuis­ce al finanziame­nto della cultura con un intervento minimo. Nel complesso, l’intervento del settore pubblico per i teatri e le orchestre nel 2016 è stato di 2,43 miliardi di euro. Ciò equivale a circa lo 0,2 % della spesa totale del governo federale, statale e locale. In Italia, il Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) è di circa 406 milioni (ora è stato aumentato), compreso cinema e attività circensi. Va subito chiarito che in Germania gli oltre 2 miliardi contribuis­co al sostentame­nto di una quantità enorme di realtà: 214 teatri a finanziame­nto pubblico, 221 teatri privati, 130 orchestre, 77 festival, 150 teatri senza un ensemble e 100 «Gastspiel Bühnen» realtà teatrali senza una sede, viaggianti (dati Theater statistik). In Italia la cosa è ben diversa: 14 Fondazioni liricosin foniche, 29 teatri di tradizione, 13 orchestre (ICO), circa 200 associazio­ni o società musicali, circa 40 strutture liriche e tutta una serie di altre realtà riconducib­ili alle gestioni dell’AGIS e di altre strutture. A tutto questo poi, per quanto riguarda l’Italia, vanno aggiunti gli apporti economici delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e dei privati. Urge, pertanto, che il nuovo governo che a breve si insedierà metta mano sia ai decreti attuativi per la Legge 7 agosto 2016, n. 160 sia anche per la Legge 22 novembre 2017, n. 175 il cosiddetto «Codice dello spettacolo». Ci attendiamo coraggiose innovazion­i, magari demandando alle Regioni gestione e coordiname­nto. In Germania la filosofia che regola il grande esborso di denaro pubblico verso lo spettacolo e la cultura viene chiamato «sogenannte Umwegrent abilität» (redditivit­à indiretta): il denaro pubblico, frutto del versamento delle tasse, ritorna al pubblico sotto forma di attività. Restando nella sola lirica, il confronto tra i due Paesi è devastante: in Germania (80 milioni di abitanti) è di 6795 recite, mentre in Italia (60 milioni di abitanti) è di 1393. Ricordiamo­ci, altresì, che il pubblico che frequenta la lirica in Italia è, compresi i turisti stranieri, 2.192.308 (dato Siae 2017). Ergo: 58 milioni di italiani non entrano nei teatri ma pagano le tasse per permettere ai «pochi» citati di godere di una loro esigenza estetico culturale. Tutto bene, ovviamente, questa è la democrazia ma un certo rispetto e oculatezza per il denaro pubblico sarebbe opportuno che venisse meglio regolament­ato.

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