Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
CULTURA, LA STRADA FEDERALISTA
Nei giorni scorsi è stata firmata a Palazzo Chigi la pre-intesa sull’autonomia differenziata tra il governo e le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che prevede «forme e condizioni particolari di autonomia» che le Regioni assumono come previsto dall’articolo 116, comma terzo, della Costituzione. Come ha ricordato il governatore del Veneto Luca Zaia «Cinque tavoli sono già aperti con le risultanze per sanità, istruzione, ambiente, lavoro e rapporti con l’Europa ma bisogna aprirne altri 18 e poi chiudere l’intesa». La prospettiva federativa è positiva e tutti ci auguriamo che il percorso proceda spedito verso la meta. Uno dei tavoli in divenire, infatti, dovrà essere quello del punto 18 dell’articolo 117, comma 3: «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali». Ma andiamo con ordine. Mettiamo sul tavolo un altro argomento: il sistema federativo dello spettacolo e della cultura in Germania. Spesso, anche recentemente, lo si cita nei suoi contenuti di spesa ma senza conoscerne il funzionamento. L’assetto tedesco, da un punto di vista strutturale, legislativo e costituzionale, è senza dubbio il miglior esempio di politiche improntate al criterio del federalismo culturale e al decentramento delle competenze, strutturate secondo tre livelli amministrativi: il governo federale (Bund), i suoi 16 Stati autonomi (Länder), le numerose amministrazioni municipali (Gemeinden, 11.054 al 1 gennaio 2017).
Il sistema politico-culturale tedesco si colloca quindi all’estremo opposto rispetto al modello italiano, nel quale il nostro Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo (Mibact), grazie ad un massiccio accentramento delle competenze decisionali, implementa in modo diretto i propri indirizzi culturali. Anche la Germania si è dotata di un apposito articolo nella loro Costituzione a supporto dell’arte e della cultura. È l’articolo 5 terzo comma nei «Diritti fondamentali» (19 articoli) così come nella nostra Costituzione all’articolo 9 nei «Principi fondamentali« (12 articoli). In Germania la cultura è un compito primario delle Regioni (die Kultur vorrangig eine Aufgabe der Länder). Le risorse finanziarie per la cultura sono quindi a carico per una metà delle Regioni (Länder) e per l’altra delle municipalità (Gemeinden). La Confederazione (Der Bund) contribuisce al finanziamento della cultura con un intervento minimo. Nel complesso, l’intervento del settore pubblico per i teatri e le orchestre nel 2016 è stato di 2,43 miliardi di euro. Ciò equivale a circa lo 0,2 % della spesa totale del governo federale, statale e locale. In Italia, il Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) è di circa 406 milioni (ora è stato aumentato), compreso cinema e attività circensi. Va subito chiarito che in Germania gli oltre 2 miliardi contribuisco al sostentamento di una quantità enorme di realtà: 214 teatri a finanziamento pubblico, 221 teatri privati, 130 orchestre, 77 festival, 150 teatri senza un ensemble e 100 «Gastspiel Bühnen» realtà teatrali senza una sede, viaggianti (dati Theater statistik). In Italia la cosa è ben diversa: 14 Fondazioni liricosin foniche, 29 teatri di tradizione, 13 orchestre (ICO), circa 200 associazioni o società musicali, circa 40 strutture liriche e tutta una serie di altre realtà riconducibili alle gestioni dell’AGIS e di altre strutture. A tutto questo poi, per quanto riguarda l’Italia, vanno aggiunti gli apporti economici delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e dei privati. Urge, pertanto, che il nuovo governo che a breve si insedierà metta mano sia ai decreti attuativi per la Legge 7 agosto 2016, n. 160 sia anche per la Legge 22 novembre 2017, n. 175 il cosiddetto «Codice dello spettacolo». Ci attendiamo coraggiose innovazioni, magari demandando alle Regioni gestione e coordinamento. In Germania la filosofia che regola il grande esborso di denaro pubblico verso lo spettacolo e la cultura viene chiamato «sogenannte Umwegrent abilität» (redditività indiretta): il denaro pubblico, frutto del versamento delle tasse, ritorna al pubblico sotto forma di attività. Restando nella sola lirica, il confronto tra i due Paesi è devastante: in Germania (80 milioni di abitanti) è di 6795 recite, mentre in Italia (60 milioni di abitanti) è di 1393. Ricordiamoci, altresì, che il pubblico che frequenta la lirica in Italia è, compresi i turisti stranieri, 2.192.308 (dato Siae 2017). Ergo: 58 milioni di italiani non entrano nei teatri ma pagano le tasse per permettere ai «pochi» citati di godere di una loro esigenza estetico culturale. Tutto bene, ovviamente, questa è la democrazia ma un certo rispetto e oculatezza per il denaro pubblico sarebbe opportuno che venisse meglio regolamentato.