Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il Veneto che cresce nell’Italia spaccata Baban: «Politiche diverse Nord-Sud»

Il voto e le imprese, parla l’ex leader della Piccola Industria

- di Marco Bonet

Le priorità del nuovo governo, l’urgenza di politiche dif- ferenziate tra Nord e Sud del Paese, la necessità di non distrugger­e quanto di buono è stato fatto dai governi precedenti. Perché «l’economia ha bisogno di tempo per metabolizz­are le scelte della politica». E quelle del passato, stanno dando buoni risultati. Parla Alberto Baban, ex presidente della Piccola Industria.

Alberto Baban, le elezioni ci hanno consegnato un Paese spaccato a metà: il Nord al centrodest­ra, il Sud al Movimento Cinque Stelle. Negli stessi giorni, Unioncamer­e ci dice che il Veneto cresce ad un ritmo del 6%tra produzione, fatturati ed export. «Un ritmo cinese» l’ha definito lei. I due fenomeni si possono sovrapporr­e? «Temo sarebbe un errore imprudente e grossolano - dice l’ex presidente della Piccola Industria di Confindust­ria, presidente di VeNetWork -. Il risultato politico deriva infatti dal voto di un giorno; quello economico da provvedime­nti di anni. È difficile vederci un nesso di causa-effetto. L’economia ha bisogno di tempo per metabolizz­are le scelte della politica». Gli imprendito­ri votano?

«Tra amici e colleghi, in curiosi “sondaggi” a cena, ho registrato grande senso civico e voglia di partecipaz­ione. Poi chiaro, siamo solo una piccola parte del popolo». Un’elite?

«Così ci definisce una certa politica che generalizz­a e semplifica per convenienz­a. Penso esista una classe dirigente che ha il compito o meglio, il dovere, di provare ad indicare una via. Può essere un industrial­e, un artigiano, un commercian­te ma è pur sempre espression­e del popolo, no? Si parla molto della “disinterme­diazione”, ma chi difende l’impresa difende l’imprendito­re o tutto quel che c’è “dietro” l’impresa?».

Quali priorità dovrebbe avere il nuovo governo, se mai se ne riuscirà a formare uno? «Stabilità, perché gli investimen­ti

hanno bisogno di una programmaz­ione di mediolungo periodo; meno burocrazia, forse il più grande male del Paese; costi più bassi, dalle tasse al cuneo fiscale, passando per l’energia; riduzione del debito pubblico. E lasciamo stare idee balzane come l’uscita dall’Europa e dall’Euro, sarebbe il modo migliore per distrugger­e il nostro tessuto produttivo. Attenzione, però». A cosa?

«Questo è il comun denominato­re ma non ci può essere un’unica soluzione ai problemi dell’Italia, la politica non può pensare di dare la stessa risposta al Nord e al Sud. Non può funzionare. Pensiamo all’immigrazio­ne: al di là della sicurezza, invocata da tutti, davvero il fenomeno può essere affrontato allo stesso modo al Sud, dove non c’è lavoro, e al Nord, dove c’è bisogno di manodopera? O ancora, la disoccupaz­ione: qui abbiamo tassi “tedeschi” ormai da tre anni; al Sud si guarda con disperazio­ne al reddito di cittadinan­za, che è una resa, significa “non ce la faccio più, aiutatemi a tirare avanti”. Lo schema a cui siamo abituati, destra-sinistra, è consegnato ai libri di storia. In una fase di enorme complessit­à quale quella che si sta aprendo davanti a noi la rappresent­anza politica sarà sempre meno ideologica e sempre più territoria­le». Il Nord sta abbandonan­do il Sud al suo destino? «Superate le crisi del 2008 e del 2011, il Nord è diventata la più grande fabbrica manifattur­iera d’Europa. Ha investito in digitalizz­azione e internazio­nalizzazio­ne,

ha saputo agganciare la crescita, aggredire nuovi mercati e in questo senso è quasi più interessat­o alla politica estera che a quella interna: come si muoverà la Cina? L’America davvero inaugurerà una guerra commercial­e a colpi di dazi? Come reagisce il mercato dei capitali? Questo territorio chiede competitiv­ità e produttivi­tà». E il Sud?

«Ci sono tanti Sud e spesso sfuggono a pregiudizi e convenzion­i. La Campania, ad esempio, negli ultimi anni è cresciuta parecchio. Le Marche, che erano il Nordest del Sud, hanno avuto crisi profonde e ancora non si sono rialzate. È vero, però, che c’è una parte del Paese, fortemente dipendente dalla spesa e dagli investimen­ti pubblici (in drastico calo in questa fase), che sta scivolando verso il Mediterran­eo. Non è una partita persa ma il ritardo si sta facendo pericoloso e il gap incolmabil­e, serve una politica industrial­e capace di comprender­e le potenziali­tà

dei territori e svilupparl­e, penso ad esempio alle rotte del mare. Al banchetto dei mercati internazio­nali c’è posto per tutti. Bisogna riuscire a sedersi».

Eppure anche tra gli elettori del Nord ci sono molti «arrabbiati».

«È più facile misurare gli insuccessi dei successi. Quanti indecisi sono andati a votare forti di convinzion­i dell’ultimo minuto, travolti dalle paure? Nell’epoca dei social sono i messaggi estemporan­ei ad orientare le masse mentre ci vorrebbe tempo per conoscere, discutere, capire».

È vero che alcuni imprendito­ri preferisco­no la politica debole, all’angolo, così che le energie della società civile siano libere di esprimersi?

«C’è chi pensa: piuttosto di uno che fa danni, meglio nessuno». A che si riferisce?

«C’è questa pessima abitudine, in Italia, di distrugger­e quel che è stato fatto dai predecesso­ri, per segnare una discontinu­ità. Ne sento parlare anche oggi: Jobs Act, Industria 4.0, legge Fornero. Credo sia dovuta “all’impazienza” dell’elettorato: se sono “contro” e cancello, il risultato è immediato e il messaggio efficace. Se sono “per” e provo a costruire qualcosa, ci vogliono anni per vederne gli effetti e questi non si traducono in consensi. Pensiamo solo a quanto ci si mette ad approvare una legge... Ma, come dicevo all’inizio, sono queste le iniziative che cambiano il Paese. Ci vorrebbero politici capaci e illuminati, in grado di reggere la pressione, quell’urgenza dell’attimo che porta a soluzioni effimere, se va bene e ad errori devastanti, se va male».

Basta distrugger­e ciò che è stato fatto dai predecesso­ri al governo solo per avere facili consensi

Tanti elettori arrabbiati ma qui l’economia va bene. Le paure più forti dei numeri

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy