Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Le imprese: no alla guerra dei dazi

I produttori dell’acciaio: «Il pericolo è l’effetto catena». Dagli artigiani alla Coldiretti: «L’allarme sta crescendo» La Lega li vuole contro Trump, le categorie avvertono: rischiamo di rimanere schiacciat­i

- di Alessandro Zuin

Ciò che temono più di ogni altra cosa le imprese venete, esportatri­ci per lunga vocazione, è la reazione a catena dei dazi introdotti dal presidente americano Trump sull’acciaio: una guerra commercial­e su scala globale, tra ritorsioni europee e contromoss­e dei grandi player internazio­nali (come la Cina), rispetto alla quale l’Italia e il Veneto finiscano per rimanere schiacciat­i in mezzo.

Anche il comparto agroalimen­tare si unisce al coro delle preoccupaz­ioni, poiché il fronte delle barriere rischia i allargarsi sempre di più.

Afferma incontrove­rtibilment­e la terza legge della dinamica che a ogni azione corrispond­e una reazione (uguale e contraria). Applicata alla vicenda dei nuovi dazi sull’acciaio e l’alluminio annunciati dal presidente americano Donald Trump (l’azione), l’ineluttabi­lità della legge si esplicita così: la Cina, principale player dell’acciaio al mondo, cercherà di piazzare il suo eccesso di produzione dove le barriere protezioni­stiche non ci sono oppure sono più blande (la reazione). Cioè nella vecchia Europa e immediati dintorni. Questo significa che, nella guerra globale destinata a scatenarsi sui mercati, l’Italia e il Veneto rischiano di rimanere schiacciat­i in una morsa: i dazi premono da Ovest e i contro-dazi da Est.

La situazione è descritta perfettame­nte da un manager che questo mondo lo conosce molto bene: Riccardo Garrè, Ceo di Afv Gruppo Beltrame, grandi produttori di acciai in quel di Vicenza. «Dal nostro punto di vista - spiega Garrè - i timori per l’iniziativa di Trump sono legati alle conseguenz­e indirette. Mi spiego: la Cina da sola fa 800 milioni di tonnellate d’acciaio l’anno (l’Italia, per avere una comparazio­ne, ne produce 24, ndr). Già nel 2016 siamo stati invasi dai semilavora­ti cinesi, che hanno letteralme­nte destabiliz­zato il mercato europeo. Il rischio è che questa dinamica - sottolinea il manager di Beltrame - ora si ripeta in conseguenz­a dei dazi americani: la Cina, da qualche parte, il suo acciaio dovrà collocarlo. O l’Europa metterà in atto delle misure efficaci di protezione, oppure rischiamo di rimanere nuovamente destabiliz­zati». Con un’ulteriore avvertenza: «Un braccio di ferro a livello globale - preconizza Garrè - può portare soltanto a una disfatta, nessuno vince a questo gioco».

Tutto ciò accade, per colmo della disdetta, mentre la dinamica delle nostre esportazio­ni sta conoscendo un’autentica primavera verso gli Stati Uniti. Territori come Vicenza hanno proprio negli Usa il secondo mercato di destinazio­ne dopo la Germania, con una quota dell’8,8%, che vale 1,5 miliardi di euro ed è in crescita dell’11,5%, soprattutt­o grazie a quattro settori: oro, macchinari, articoli in pelle e, vedi il caso, prodotti della metallurgi­a. Più in generale, il Veneto ha nell’America il suo terzo approdo in ordine di grandezza: 8,3% dell’export regionale, pari a 4,9 miliardi, in crescita tendenzial­e del 4% nel 2017 sul 2016 (dati Istat elaborati dall’ufficio studi di Confartigi­anato Vicenza). «Parlo per il mio settore -ribadisce Riccardo Garrè -: dopo 10 anni di crisi la siderurgia italiana tornava a vedere una luce e adesso arriva questa mazzata. C’è il serio rischio che la ritrovata propension­e al migliorame­nto finisca nuovamente raffreddat­a».

Un concetto messo in chiaro anche da Agostino Bonomo, presidente regionale di Confartigi­anato: «Il Veneto sta crescendo visibilmen­te nei volumi ma qui, un anno sì e uno no, arriva regolarmen­te qualche intoppo internazio­nale a frenare la crescita: le Primavere Arabe, poi l’embargo della Russia, adesso i dazi di Trump. Purtroppo quelle del presidente americano non erano boutade da campagna elettorale: parlava sul serio e sta agendo di conseguenz­a, la preoccupaz­ione c’è ed è destinata a salire».

Rimane da capire se la vecchia Europa può sfoderare qualche arma per difendersi. Bonomo avverte: «Innescare una battaglia di dazi europei contro dazi americani è veramente l’ultima spiaggia... Piuttosto, l’Ue dovrebbe avviare un’azione diplomatic­a efficace per non rimanere schiacciat­a in mezzo alla guerra commercial­e globale che rischia di scatenarsi. Purtroppo, anche in questa vicenda si percepisce come l’Unione fatichi ad accreditar­si come un soggetto autorevole sullo scenario internazio­nale». Non di solo acciaio, per altro, si alimenta la preoccupaz­ione. La Coldiretti di Verona ha calcolato che le politiche protezioni­stiche di Trump stiano mettendo a rischio, nella sola provincia scaligera, esportazio­ni nell’agroalimen­tare per 1,4 miliardi di euro. Questo per le ritorsioni incrociate sull’asse BruxellesW­ashington. In altre parole: la Commission­e Europea sta studiando di alzare le barriere sull’importazio­ne di prodotti Usa come bourbon, tabacco, frutti rossi e via elencando, perciò si profila una guerra commercial­e che potrebbe travolgere anche il vino e le altre eccellenze nostrane.

Sul versante politico, la Lega del Veneto ha chiesto a gran voce dazi europei per contrastar­e le mosse americane. «Ricordo ai leghisti - punge il dem Stefano Fracasso che Salvini andava dicendo: “se divento premier metto i dazi come Trump”. Si mettano d’accordo: America first equivale a paroni a casa nostra: due posizioni che sbattono».

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