Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Pfas, da Roma 120 milioni per lo stato di emergenza
Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza stanziati i soldi Ora la nomina del commissario
Allarme Pfas, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, il ministero dell’Ambiente ha annunciato al Veneto lo stanziamento complessivo di 120 milioni di euro. Soldi che serviranno per realizzare una serie di opere, in particolare una rete di tubazione lunga 81 chilometri. Ora manca solo la nomina del commissario.
arrivare a 80, ai quali si aggiungeranno i proventi delle bollette dell’acqua, per un totale di 120 milioni». Il progetto prevede: la tubazione da Lonigo a Brendola (13 chilometri), che porterebbe 80/100 litri al secondo ad Almisano e costa 15 milioni; la tubazione da Brendola a Piazzola sul Brenta (32 chilometri per un esborso di 41,8 milioni), dove arriverà l’acqua presa dai nuovi pozzi appena finiti dalla Regione a Carmignano di Brenta (ora sotto collaudo e costati 2,8 milioni); la tubazione che da Montagnana porterà acqua pulita a Lonigo (18 milioni); la tubazione di Acque Veronesi, che arriverebbe da Belfiore e costa 29,2 milioni.
Il progetto
«Si tratta di una rete lunga circa 81 chilometri, per una spesa di 120 milioni di euro — spiega l’assessore all’Ambiente, Gian Paolo Bottacin —. Il nostro cronoprogramma contempla una progettazione a step della durata di 60 mesi, ma con il commissariamento potremo guadagnare un anno, se non scendere addirittura a 3». Manca solo la nomina del commissario — dovrebbe essere questione di ore —, che potrebbe essere lo stesso Zaia, il capo del Dipartimento della Protezione civile nazio- nale, Angelo Borrelli, un tecnico esterno oppure uno nominato dal presidente del Veneto. Il quale commenta: «Quando ho presentato la richiesta dello stato di emergenza per i Pfas, nel settembre 2017, sono stato attaccato da mezzo mondo, mi dicevano che il governo non l’avrebbe mai accolta. Invece l’ha fatto, anche se ai tempi supplementari. Si sono persi un sacco di mesi ma la decisione del governo è comunque un passo importante per mettere la parola fine in tempi brevi a una problematica tanto delicata e che abbiamo affrontato con rigore». «E’ un decreto fondamentale, che raccoglie il grido d’allarme della popolazione (continue le proteste di Greenpeace e delle Mamme no Pfas, ndr) — concorda il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti —. Grazie al contributo del ministero il costo del progetto non graverà integralmente sulla tariffa del servizio idrico».
Cosa è stato fatto
L’emergenza Pfas (sostanze dagli anni ‘50 utilizzate per la produzione di pentole, suppellettili per la casa, tessuti, carta per le pellicole fotografiche e per contenitori di alimenti) è scoppiata nel 2013, quando il Cnr nazionale ne ha segnalato la presenza nella falda acquifera dei 21 Comuni veneti citati (300 mila abitanti). Il dito è stato puntato contro l’azienda Miteni di Trissino, che in effetti alla fine del gennaio 2017 ha presentato una denuncia alla Procura di Vicenza per segnalare il ritrovamento nel proprio terreno, vicino al torrente Poscola, di «sacchi di plastica contenenti rifiuti industriali».
La Procura ha aperto un’inchiesta e indagato l’azienda più nove dirigenti, con l’accusa di adulterazione dell’acqua e inquinamento ambientale. La Miteni ha precisato che i rifiuti risalgono all’epoca in cui lo stabilimento era «Rimar» (Ricerche Marzotto), ma l’Arpav ha disposto il sequestro dell’area e avviato centinaia di carotaggi, che finora non hanno trovato nient’altro. «Finchè la falda sarà sporca, continueremo a scavare — annuncia l’assessore Bottacin — secondo tempi e modi stabiliti dalla Commissione tecnica da me nominata, coordinata dal direttore dell’Arpav, Nicola Dell’Acqua, e composta anche da rappresentanti del Comune di Trissino, della Provincia di Vicenza, della Regione e del ministero». A metà febbraio la commissione ha approvato un nuovo piano d’azione, che implica centinaia di metri di scavi e 122 trincee.
I limiti
Per l’emergenza dal 2013 a oggi Palazzo Balbi ha speso 17 milioni di euro e dallo scorso ottobre il livello di Pfas nelle acque dell’area rossa si è azzerato, grazie all’installazione di un sistema di filtraggio monitorato giorno per giorno (i dati sono in diretta sul sito dell’Arpav), pena la sua sostituzione. E grazie anche ai limiti più restrittivi al mondo introdotti dalla giunta Zaia: 90 nanogrammi per litro di Pfoa e Pfos sommati (contro la soglia europea di 500) e 30 nanogrammi per litro come concentrazione massima di soli Pfos. Nella zona rossa il valore dev’essere zero. Risultato: acqua pulita ma 34 ricorsi
Screening e alimenti
A gennaio 2017 la Regione, con l’Istituto superiore di Sanità (Iss), ha avviato lo screening sanitario su 85mila residenti dell’area rossa compresi tra 14 e 65 anni. Sono già stati visitati 9757 soggetti tra 16 e 40 anni, nei quali sono stati riscontrati: un livello medio di Pfoa di 51,2 nanogrammi per millilitro di sangue, contro un valore «normale» compreso tra 2 e 8 nanogrammi; e un indice medio di 4,1 Pfas a fronte di un parametro fra 2 e 14. Gli indici sono più elevati negli adolescenti (fino a 80 volte superiori alla media) e nei maschi. Inoltre 5200 dei cittadini visitati sono stati indirizzati agli ambulatori di secondo livello attivati a Lonigo per approfondire il rischio cardiovascolare ed eventuali alterazioni a livello metabolico ed endocrinologico (diabete, ipertensione, danni renali, problemi alla tiroide). Ancora in stand by i 106 pazienti con le concentrazioni più alte di Pfas che a settembre avevano iniziato la plasmaferesi, trattamento di pulizia del sangue bloccato a dicembre dal ministero della Salute.
Infine l’esame su 614 alimenti compiuto da Iss, Zooprofilattico e Arpav non ha rilevato «alcuna criticità». Resta però il divieto di pesca per carpa, cavedano e tinca.
abitanti). Ieri è arrivata da Roma la conferma dello stanziamento di 120 milioni di euro necessari alla realizzazione di una nuova rete di acquedotti nella zona critica.
Il progetto preliminare è già stato inviato da Palazzo Balbi al ministero dell’Ambiente, che annuncia al Veneto l’erogazione di «circa 60 milioni per le annualità 2017/2018 e in seguito di altri 20 fino ad arrivare a 80, ai quali si aggiungeranno i proventi delle bollette dell’acqua, per un totale di 120 milioni». Si parla di 81 chilometri di nuove tubature