Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Cuamm in Africa un progetto per aiutare mamme e bimbi
Lo racconta con il sorriso, Giovanni Pututo, responsabile della programmazione del Cuamm: «Quando qualcuno ci dice: voi aiutate le mamme africane a partorire tanti bambini che poi da grandi vengono in Italia, non sanno che avviene l’esatto contrario. E’ dimostrato che se calano la mortalità infantile e quella da parto, scende anche la natalità, perchè di fronte alla tragedia della perdita di un figlio la natura reagisce regalando una maggiore fertilità ai genitori. Ecco, oggi è questa una delle grandi sfide da affrontare in Africa». Ed è il tema al centro del convegno «Perchè prendersi cura di mamme e bambini», di scena domattina alle 10.30 nell’aula magna del Bo, a Padova, e organizzato dal Cuamm Medici con l’Africa, insieme a Università, Centro missionario diocesano e Dipartimento per la salute della Donna e del Bambino dell’Azienda ospedaliera locale.
Dopo i saluti del rettore Rosario Rizzuto e del vescovo Claudio Cipolla, il dibattito moderato dal direttore del
Alessandro Russello, partirà dallo studio condotto dai professori Gianpiero Dalla Zuanna, Alessandra Minello e Leonardo Piccione, docenti dell’Ateneo padovano, che dimostra come la modernizzazione di un Paese sia accompagnata dalla riduzione della natalità e della mortalità. Si tratta di un’indagine condotta sui registri di 46 parrocchie della nostra regione e che mette a fuoco un parallelismo tra il Veneto di ieri e l’Africa di oggi. «Tra il 1750 e il 1840 la mortalità infantile in Veneto era elevatissima, sfiorava l’indice di 400 vittime per mille neonati, parametro superiore di due o tre volte quello registrato attualmente in Africa — spiega Putoto —. Le cause erano la malnutrizione delle madri, che mettevano al mondo bimbi sottopeso e con un sistema immunitario debole, e il freddo, responsabile dell’ipotermia. Il miglioramento delle condizioni di vita, gli acquedotti, l’allattamento e la sostituzione delle mammane con le ostetriche hanno diminuito la mortalità infantile e quindi la natalità. Il che, con tempi variabili a seconda delle zone, sta avvenendo anche in Africa».
I Paesi nei quali continuano a nascere tanti bambini sono quelli in guerra o colpiti da catastrofi naturali o da grandi epidemie, come quella da Hiv. «Nessuna politica sanitaria è perfetta, ma interventi ben concepiti e realizzati hanno contribuito a ridurre la mortalità nell’Africa sub-Sahariana — aggiunge Putoto — passata da 990/100mila nati vivi nel 1960 a 547/100mila nel 2015. Questi miglioramenti sono avvenuti pure in contesti in cui la crescita dell’economia è stata lenta, modesta o quasi inesistente. Significa che anche in situazioni economiche di difficoltà, le misure di welfare e di salute pubblica offrono una rete di protezione cruciali per le prospettive di vita e per la stabilità sociale».
Tra i relatori, oltre a Putoto, il professor Giorgio Perilongo, direttore del Dipartimento di salute della Donna e del Bambino, ed Elena Cavaliere, specializzanda in Pediatria a Padova. Le conclusioni sono affidate a don Dante Carraro, direttore del Cuamm.