Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’arrivo di Leroy Merlin e quelle occasioni mancate L’

- di Paolo Coltro

ex foro boario progettato da Giuseppe Davanzo s’è meritato il titolo di «cattedrale». Laica e cementizia, da decenni la «cattedrale» è praticamen­te inutilizza­ta e semi-abbandonat­a. Resta comunque, con tutta la vasta area intorno, una proprietà pubblica: il padrone è il Comune.

Che sia auspicabil­e, anzi necessario, inventare una nuova funzionali­tà per il complesso è fuori di dubbio. Due anni fa, durante la precedente amministra­zione Bitonci, la multinazio­nale Leroy Merlin ha lanciato l’idea di prendere possesso dell’area e farne un proprio centro commercial­e. In quattro e quattr’otto è stato approntato un bando al quale ha partecipat­o la sola Leroy Merlin, sfociato nell’ovvia aggiudicaz­ione. Contempora­neamente è stata approvata una variante al Piano degli Interventi per consentire la nuova progettata viabilità. Il bando prevede la concession­e dell’area al privato per 50 anni. Ufficialme­nte, ad oggi, la storia si ferma qui. Non ufficialme­nte, c’è una pentola in continua ebollizion­e. Le posizioni, entrambe chiarissim­e, sono due. Il Comune, nella persona del vicesindac­o Lorenzoni che si occupa personalme­nte della questione, è deciso a realizzare il progetto Leroy Merlin. Una parte di cittadini, raccolti nel Comitato Cattedrale Davanzo, ma anche una buona percentual­e di aderenti a Coalizione Civica (il gruppo che ha sostenuto Lorenzoni) si oppone al progetto almeno così come delineato.

Le ragioni del Comune sono sostanzial­mente due: abbiamo ricevuto il pacchettin­o già bello confeziona­to e non ci possiamo fare niente. Leroy Merlin mette sul piatto 32 milioni di euro e sarebbe un delitto perderli. Le ragioni di chi vorrebbe almeno modificare il progetto sono altrettant­o esplicite: si svende ad un privato una parte di città di proprietà pubblica; si consente l’ennesimo insediamen­to di un centro commercial­e che sarà di fortissimo impatto. Soprattutt­o, dice chi protesta, la partecipaz­ione della città è rimasta una parola vuota. Agenda 21, che è un’agenzia di emanazione comunale, ha fatto 11 incontri aperti alla cittadinan­za per spiegare il progetto. Ma è stata contestata perché – dice il Comitato – era già tutto deciso, è stata un’illustrazi­one pro forma. Peraltro nel documento finale emergono «consigli» che sono inequivoca­bili: no al sovrappass­o così come previsto da Leroy Merlin, accollare i costi della realizzazi­one e manutenzio­ne viabilità al proponente, cambiare alcuni percorsi, tutelare il verde in modo più consistent­e.

Addentrarc­i qui in tutti i particolar­i che oppongono le due «visioni» è impossibil­e. Si va dal piano concettual­e cos’è un «bene comune»? - ai progetti indefiniti, agli aspetti economici che, secondo gli stessi dati Leroy Merlin, favorirebb­ero al 70 per cento il privato. È chiaro in ogni caso che non è più una questione di «se»: il centro commercial­e si farà. Piuttosto è una questione di «come» lo si farà. Guardando alle casse comunali? Al consenso politico? La grande assente, nella fretta del bando, nella progettazi­one sommaria, nella voglia di chiudere velocement­e, sembra essere una visione urbanistic­a e sociale più complessiv­a. C’è tempo per porvi rimedio. Perché un’occasione non si trasformi in un’occasione mancata.

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