Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
De Fusco: lo Stabile cresce solo facendo rete
L’ex direttore De Fusco interviene sul declassamento del teatro
Si moltiplicano le reazioni e gli interventi suscitati dalla bocciatura inferta al Teatro Stabile del Veneto con l’esclusione dal numero dei Teatri Nazionali. La decisione della Commissione Consultiva per il Teatro del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo non è destinata a rimanere priva di conseguenze sull’attività di un ente che svolge una funzione importante sul territorio e certamente occorre individuare gli errori fatti e le soluzioni. Sulla discussione interviene Luca De Fusco, direttore dello Stabile di Napoli- Teatro Nazionale, che dello Stabile del Veneto è stato a capo per due mandati, fino al 2009, e che da allora è spesso tornato con i suoi spettacoli nella nostra regione alla quale rimane profondamente legato. De Fusco, cosa pensa di questa esclusione?
«Prima di tutto provo un grandissimo dispiacere per quello che sta succedendo allo Stabile del Veneto, ma al tempo stesso mi stupisco dello stupore generalizzato. Questo rischio era chiaramente percepibile e, a dire il vero, non può, a mio parere essere imputato interamente all’attuale dirigenza,
perché affonda le sue radici nel mandato precedente». Intende la direzione di Alessandro Gassmann?
«Non è una mia personale opinione, ma un dato di fatto: quando dirigevo io lo Stabile, al Verdi di Padova il tasso di presenza di spettatori era pari al 95% e gli spettacoli erano programmati su sei repliche alla settimana, e al Goldoni di Venezia su cinque repliche. Con Gassmann, a Padova si dovettero ridurre da sei a cinque e il tasso scese al 69%». E a Venezia?
«Le repliche sono ora passate da cinque a quattro, un dato che mette in pericolo la funzione del Goldoni come teatro di prosa perché rischia di uscire dal circuito degli spettacoli importanti, che richiedono un certo numero di repliche per fronteggiare le spese. Certo, i teatri di Treviso e di Thiene lavorano su tre date, ma credo che il Goldoni meriti qualcosa di più».
I dati diffusi dallo Stabile, però, attestano una crescita degli spettatori sia al Goldoni (26%), sia al Verdi (58%). «Io mi riferisco alla sola stagione di prosa, occorre vedere con quali
spettacoli si sia occupata la sala». Dov’è il problema secondo lei?
«Lo Stabile ha nel suo DNA un problema di fondo: nasce sulle ceneri del fallimento di Veneto Teatro, quindi preoccupazione prioritaria è quella di far quadrare i conti. Ma l’attività produttiva va sostenuta con spettacoli prodotti direttamente e non solo con quote produttive, come si è fatto nell’ultimo anno. Lavorare in coproduzione non ti permette di dettare una tua linea». La responsabilità è solo della dirigenza?
«Assolutamente no. Molta colpa ha la politica: i tagli apportati dalla Regione alla cultura hanno inciso in maniera significativa. È assurdo ora che la Regione si stracci le vesti e dica che Roma non ama il Veneto. Sbaglio o la Lega si è affermata nelle ultime elezioni?» I rimedi?
«Certamente pretendere maggiori finanziamenti dai soci e fare rete creando un bacino di utenza ampio. Perdere Verona è stato penalizzante. E poi puntare su una maggiore presenza all’estero con tournée internazionali».