Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La burocrazia fa chiudere la Corte d’Assise a Padova
Dal 2015 le spese sono autorizzate soltanto dal Ministero
A furia di rottamare tutto spesso si finisce anche per spazzare via quello che funziona bene da molti anni.
È il caso dell’aula della Corte d’Assise del palazzo di giustizia di Padova dedicata a Falcone e Borsellino, chiusa dal 9 dicembre per una grave infiltrazione al soffitto che l’ha resa non solo inagibile, ma anche pericolosa. Sono passati quattro mesi e l’aula, destinata ad ospitare i processi per i reati più gravi, spesso sede di convegni e incontri istituzionali, è ancora chiusa.
Ma andiamo con ordine: fino a tre anni fa la manutenzione dei tribunali era affidata ai Comuni, i quali successivamente si facevano rimborsare le spese dal Ministero della Giustizia. Il sistema funzionava bene per i tribunali, ma creava diversi problemi ai bilanci dei Comuni già alle prese con i vincoli del Patto di stabilità. Per questo il governo Renzi, nel 2015, ha deciso di sollevare i sindaci dall’incombenza delle manutenzioni dei tribunali, lasciando che fossero i giudici a fare direttamente riferimento al Ministero anche solo per cambiare un vetro rotto. Risultato? Il meccanismo risulta così complicato che la Corte d’Assise è ancora chiusa, il pericolo del crollo del controsoffitto non si è risolto da solo e ogni volta che piove la situazione si aggrava.
La procedura per un intervento (anche urgente) è complicata e deve essere coordinata dai magistrati, come se non avessero abbastanza grattacapi con la gestione dei tempi della giustizia e della durata dei processi. «La modifica della legge ha avuto effetti nefasti sulla capacità di intervenire rapidamente nelle manutenzioni di un palazzo come il nostro – spiega Sergio Fusaro, presidente del Tribunale di Padova – un tempo bastava fare una telefonata in Comune, che è dotato di tutte le professionalità di cui noi non disponiamo, che interveniva in tempi rapidi e che veniva poi rimborsato dal Ministero, adesso dobbiamo fare riunioni, inviare richieste, fare domande, chiedere autorizzazioni, e ancora non abbiamo risolto il problema spiace vedere come il legislatore non abbia saputo valutare con attenzione gli effetti della legge».
Come già detto, tutto si deve a una modifica normativa fatta dal governo Renzi nel settembre 2015: siccome i Comuni erano oberati di spese e c’era la necessità di semplificare la loro contabilità, è stato tolto loro l’incarico di gestire la manutenzione dei beni del ministero della Giustizia. Dal 2015 il Ministero ha quindi delegato la manutenzione ai presidenti della corte d’Appello, i quali hanno subdelegato i presidenti del tribunale, i quali a loro volta non possono decidere niente se non prima di essersi riuniti in quella che si chiama Conferenza permanente circondariale, formata dal presidente del tribunale, dal capo della procura, da un rappresentante dell’ufficio di sorveglianza e da uno dell’ufficio dei Giudici di pace. Per gli interventi ordinari si fa riferimento alla corte d’Appello (bollette del gas, della luce, dell’acqua) per gli interventi straordinari il Presidente deve farsi autorizzare le spese dal ministero della Giustizia passando per il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche (l’ex Magistrato alle acque di Venezia), che si occupa di tutto quello che accade in Veneto, in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige.
Il 12 dicembre scorso, a tre giorni dal danno, Fusaro ha dunque fatto richiesta al Provveditorato di predisporre un sopralluogo urgente all’aula Falcone e Borsellino. Lo stesso giorno è stato comunicato alla ditta che di solito segue i lavori di manutenzione di contattare il provveditorato, in modo da dare alla macchina un’accelerata. Una volta eseguito il sopralluogo, la ditta ha spedito al tribunale una lettera in cui dice che bisogna fare presto, perché c’è il serio rischio che il controsoffitto cada a terra. La lettera è arrivata il 13 marzo scorso, e pochi giorni dopo il tribunale ha chiesto i fondi al Ministero per l’intervento edilizio. Aprile è iniziato e non si è visto ancora nessuno. La primavera però non aspetta, le piogge continuano a cadere e la situazione si aggrava. Un problema che prima della legge si risolveva in venti giorni, ora non si risolve nemmeno in cinque mesi. Ma questa situazione non è isolata e si inserisce in un contesto ben più ampio di burocrazia giunta al limite del sostenibile: solo in questi giorni infatti i vigili del fuoco depositeranno il certificato finale che concede l’agibilità al tribunale. L’iter è durato 22 anni e fino ad ora il Palazzo di Giustizia è stato fuori legge. E non è un ossimoro.
Fusaro Una volta bastava chiedere al Comune, ora passano mesi prima di fare un lavoro