Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Chiusa in camera dopo lo schianto «Poi ha confessato»
Diciottenne travolto e ucciso, la versione della ragazza. Due famiglie in lutto
E.M. la 19 enne che ha travolto Abou El Seoud, 19 anni, in bici, mentre viaggiava verso Castelfranco sulla sua Mercedes, dopo essere tornata a casa senza prestare soccorso si è chiusa in camera. Solo il giorno dopo ha trovato la forza di confessare tutto. É la ricostruzione degli inquirenti.
Indagini L’autopsia dirà se l’omissione di soccorso sia stata decisiva
Si era resa perfettamente conto di quel che aveva fatto, cioè di aver travolto un ciclista mentre viaggiava verso Castelfranco sulla sua Mercedes per passare la vigilia di Pasqua con le amiche. La paura però ha preso il sopravvento. Così E. M., 19 anni di Trebaseleghe, neopatentata, è tornata a casa senza prestare soccorso, si è chiusa in camera e ha trovato la forza di confessare tutto solo il giorno dopo, quando ormai era troppo tardi. Cioè quando il cuore di Ihab Abou El Seoud, 18 anni di Levada di Piombino Dese, studente di un istituto alberghiero a Noale, aveva già finito di battere da qualche ora.
L’impatto è avvenuto attorno alle 23 di sabato a Piombino Dese, poco distante dall’abitazione del ragazzo; l’allarme è scattato a mezzanotte ed è partito dagli amici che lo stavano aspettando per uscire, preoccupati perché era in ritardo e non rispondeva al cellulare. La scoperta è avvenuta un paio di ore dopo, quando il padre e la sorella hanno trovato il corpo senza vita di Ihab (che pedalava senza fanale né giubbetto catarifrangente) nel canale accanto alla strada.
Nato a Camposampiero da genitori nordafricani, Ihab stava svolgendo uno stage al ristorante «La Baracca» di Trebaseleghe ed è proprio da lì che stava tornando, dopo aver concluso il turno di lavoro come cameriere alle 22. E. M. invece partiva da casa e viaggiava da sola, ma a Castelfranco non ci è mai arrivata: dopo aver falciato Ihab, infatti, la ragazza ha fatto inversione di marcia ed è tornata subito a casa, dove si è chiusa in camera senza parlare con nessuno. Domenica mattina la giovane ha riferito di aver passato la notte in bianco e ha spiegato ai genitori quel che era successo la sera prima, proprio mentre si diffondeva la notizia del ciclista investito. Non si esclude che i genitori abbiano incrociato il resoconto della figlia con le informazioni dei quotidiani online, fatto sta che la giovane si è presentata dai carabinieri per raccontare il fatto.
Inevitabile la denuncia e l’apertura di un fascicolo in procura, dove si indaga per omicidio stradale e omissione di soccorso. Le attenzioni sono tutte rivolte all’autopsia sul corpo di Ihab disposta dal pm Luisa Rossi, che servirà a chiarire se il giovane è morto sul colpo (come sembra) o se il decesso è sopraggiunto dopo un’agonia più o meno lunga. Cioè a spiegare se l’omissione di soccorso sia stata ininfluente o decisiva per le sorti del ragazzo, cosa che ovviamente potrebbe cambiare non di poco il quadro accusatorio. Di sicuro c’è che la ragazza non è stata sottoposta né all’alcoltest né al test antidroga, in quanto erano passate troppe ore dal momento dell’incidente; la conseguenza è che non si potrà mai escludere del tutto che E. M. guidasse sotto l’effetto di alcol o stupefacenti.
La neopatentata vive in una villetta bifamigliare non lontano dal ristorante «La Baracca», lo stesso dove Ihab lavorava come stagista. Ieri pomeriggio in casa c’era solo il nonno: «Mia nipote è uscita, sua madre è andata a fare la spesa. Io non voglio dire niente, queste sono cose delicate». Poco dopo torna la zia, ma l’antifona non cambia: «No comment, siamo già abbastanza provati». In compenso la zia smentisce la versione di Sarwat Abou El Seoud, il padre di Ihab, secondo cui la ragazza avrebbe raccontato ai genitori di aver investito un cane.
Le uniche parole, alla fine, sono quelle affidate all’avvocato Fabio Pinelli: «La ragazza è ancora traumatizzata da quanto accaduto, la sua famiglia esprime cordoglio e partecipa al dolore per la morte del giovane, ma sono sentimenti che vanno oltre il tema della colpa. I genitori inoltre sono disposti a incontrare i famigliari della vittima, che stanno vivendo una tragedia ancora più grande». Una tragedia accentuata dai social: «Quando si è saputo che il pirata della strada era un’italiana, i commenti sono passati dal giustizialismo alla comprensione», ha detto Sarwat.