Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Le promesse elettorali, «Suburra» e la sfiducia «Mai l’ospedale a Est»

- di Davide D’Attino

In politica, si sa, quello che oggi è nero, domani può essere bianco. Conta solo il presente. E il passato finisce presto nel dimenticat­oio.

Ma nel momento «storico» in cui l’aula di Palazzo Moroni dà il via libera alla realizzazi­one del nuovo ospedale a Padova Est, pur con la garanzia che il «vecchio» nosocomio di via Giustinian­i sarà parzialmen­te mantenuto e ristruttur­ato, non si può non ricordare che c’è stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui l’attuale maggioranz­a di centrosini­stra non solo vedeva come fumo negli occhi l’ipotesi di collocare il futuro polo medico sanitario proprio a Padova Est, ma riteneva anche che un nuovo ospedale non fosse necessario e che bastasse potenziare quello esistente. Questo tempo, che vista l’attualità può sembrare incredibil­e, risale a tre istanti ben precisi.

In primis, a ottobre 2015, quando Massimo Bettin e Antonio Bressa, allora segretario provincial­e e cittadino del Pd, oggi invece portavoce del sindaco Sergio Giordani e assessore comunale al Commercio, annunciano la distribuzi­one in 100 mila copie di un volantino con un’immagine capovolta del Ponte Darwin (per evocare la copertina del film «Suburra») e con scritto «Padova Est, una vicenda torbida che attende ancora risposte»: insomma, secondo Bettin e Bressa, «c’è più di qualche punto oscuro» nell’operazione con cui l’allora sindaco Massimo Bitonci ha deciso di posizionar­e il nuovo ospedale nell’area di San Lazzaro, tanto che l’allora deputato del Pd Alessandro Naccarato si affretta a presentare un esposto in procura, poi archiviato, per denunciare «una gigantesca speculazio­ne e immobiliar­e».

Quindi, il secondo istante da tenere a mente risale a novembre 2016 quando 5 consiglier­i dell’allora maggioranz­a (Antonio Foresta, Carlo Pasqualett­o, Manuel Bianzale, Fernanda Saia e Riccardo Russo) decidono di sfiduciare Bitonci dal notaio, insieme con i 12 colleghi dell’allora opposizion­e, perché «ha tradito il programma elettorale» che, in tema di ospedale, prevedeva la soluzione «nuovo su vecchio». L’ultimo istante da non dimenticar­e, infine, è quello di giugno dello scorso anno quando Coalizione Civica, determinan­te per la vittoria di Giordani al ballottagg­io, scrive chiarament­e nel suo programma elettorale: «Diciamo no a un nuovo ospedale, la sanità non ha bisogno di consumare nuovo suolo». L’idea del movimento arancione, che fa capo all’attuale vicesindac­o Arturo Lorenzoni, è insomma quella del «nuovo su vecchio», basata sulla convinzion­e (con tanto di rendering presentati in conferenza stampa) che il nuovo polo medico possa nascere sullo stesso sito che ospita quello esistente, ampliandol­o e soprattutt­o ammodernan­dolo.

Adesso però va fatto un rilievo importante, perché la tesi che l’ospedale debba rimanere in via Giustinian­i, evidenteme­nte ben radicata all’ombra del Santo, è coincisa nelle ultime due tornate elettorali con la volontà della maggioranz­a dei padovani. Sia nel 2014 quando Bitonci, promettend­o appunto il «nuovo su vecchio», ha avuto la meglio su Ivo Rossi che, con a fianco tutto il Pd, propendeva per un nuovo nosocomio a Padova Ovest. E sia nel 2017 quando Bitonci, tornato nel frattempo sui suoi passi e schierato stavolta per Padova Est (dopo aver tentato invano la soluzione di via Corrado), è stato sconfitto dal tandem Giordani-Lorenzoni, abile nel riproporre il «nuovo su vecchio» alla vigilia del ballottagg­io. Insomma, alla fine di questa lunga storia, ricca di dietrofron­t sia dall’una che dall’altra parte, un insegnamen­to c’è. Garantendo che l’ospedale resta lì dov’è oggi, la vittoria alle elezioni è pressoché assicurata. Poi, però, bisogna fare i conti con la realtà. Ovvero con Regione e Università che, ormai da una quindicina d’anni, non fanno che ripetere che «nuovo su vecchio non si può fare».

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