Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Addio a Bellomo, una vita per Dante e per la lettura lenta
Una repentina crisi cardiaca martedì, dopo il dialogo con i suoi studenti del Dipartimento di Studi Umanistici di Ca’ Foscari a Venezia. La morte improvvisa di Saverio Bellomo ha scosso profondamente l’università veneziana, ma anche la grande comunità dei filologi e in particolare degli studiosi di Dante, di cui Bellomo era uno dei rappresentanti più autorevoli e più apprezzati in tutto il mondo. Nato a Treviso 65 anni fa, allievo a Venezia di Giorgio Padoan, una brillante carriera passata attraverso varie università italiane – Trento, Roma – fino alla chiamata alla cattedra cafoscarina di Filologia italiana, e a vari incarichi di direzione e coordinamento nell’ateneo cui era affettuosamente legato, Bellomo ha dedicato quasi intera la sua cospicua esperienza di ricerca all’opera di Dante Alighieri, di cui è stato profondo conoscitore e interprete acuto. Autori non meno grandi, come Petrarca e Boccaccio, o più oscuri come Guido da Pisa, sono stati per lui satelliti o diversivi rispetto al ritorno assiduo al poeta di Beatrice, vero centro di gravità della sua passione di lettura, rimasta fresca e coinvolgente come era il suo modo di parlare, di spiegare. Di vivere. Cinque anni fa il contributo più famoso: il commento all’Inferno (Einaudi), destinato a rimanere una simbolica inaugurazione della lettura che l’Italia di questo secolo darà della prima cantica della Divina Commedia. Segno tangibile della passione di Bellomo per la trasmissione ai giovani dell’amore per la poesia antica e per una lettura lenta. I funerali sabato alle 10, nell’Auditorium Santa Margherita della sua università.