Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Per tre medici si tratta di una semplice gastrite Muore due giorni dopo
«Vogliamo solo sapere come è morta Michela, niente altro». È l’incertezza, oltre al naturale dolore, a distruggere i familiari di Michela Ravazzolo, la 47enne morta lo scorso 4 aprile in seguito a quella che tre medici avevano diagnosticato come una gastrite.
Un decesso dai molti lati dubbi che ha spinto i parenti della donna a rivolgersi a un legale, l’avvocato Roberto Bondì, e a presentare denuncia. Ora, a distanza di nove giorni dalla tragedia, il pm Emma Ferrero ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo, indagando i tre dottori che l’avevano seguita in quei drammatici giorni: la guardia medica, il medico che l’ha visitata al pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera e il medico di base. L’agonia di Michela, che viveva da sola a Salboro a pochi passi dalla casa della madre, è iniziata la sera di Pasqua, con forti dolori di pancia e nausea. La mattina successiva, contattata la guardia medica le viene diagnosticata una banale gastrite. I dolori però continuano. La mattina del 2 aprile, così, si rivolge al pronto soccorso e il medico, dopo averla tenuta in osservazione, conferma quanto detto dal collega e la dimette. L’indomani, terzo giorno, terzo dottore: anche il medico di base dà lo stesso verdetto di gastrite.
È nella mattinata di mercoledì che le condizioni precipitano: Michela vomita sangue e perde i sensi. Arriva il suo dottore e il 118, ma la rianimazione non porta a nulla: Michela muore. «Può essere stato un virus o un infarto – chiarisce l’avvocato Bondì -. La famiglia non vuole punire nessuno, vuole solo conoscere le cause della morte. Poi, se saranno accertate responsabilità, ci muoveremo di conseguenza». Stasera sarà eseguita l’autopsia dal medico legale Paolo Fais, alla quale parteciperà anche il consulente nominato dalla famiglia Ravazzolo. Un decesso improvviso che lascia ancora sgomenti i colleghi di Michela, addetta al front office e all’ufficio acquisti della Steiel Elettronica, azienda padovana che produce sistemi di analisi per acqua. «Siamo in trenta in azienda, ci conosciamo tutti – racconta l’amministratore della Steiel - e dopo lo sbigottimento siamo tutti ancora stravolti. Michela era una persona puntuale, sorridente e corretta».