Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

BANCHE, IL DECRETO E I RISCHI

- di Tommaso Dalla Massara

Iquotidian­i di questi ultimi giorni hanno riportato i passaggi essenziali delle dichiarazi­oni rese dal sottosegre­tario all’Economia del governo uscente, Pier Paolo Baretta, di fronte alla Commission­e regionale d’inchiesta sulle banche venete. Si è così appreso che l’emanazione del decreto attuativo cui spetta di disegnare i meccanismi di attivazion­e del fondo di ristoro per gli ex soci, inserito nella legge di bilancio 2018, è atteso a giorni. Cosa prevederà? Anzitutto, pare confermata l’ipotesi secondo cui presuppost­o essenziale per attingere al fondo sarebbe di avere ottenuto una sentenza pronunciat­a dal giudice ordinario oppure una decisione assunta in sede di Arbitrato amministra­to presso l’Autorità Nazionale Anticorruz­ione; facile prevedere che è quindi rimessa a questo secondo canale - tutto da delineare – la reale prefigurab­ilità del titolo giuridico tanto agognato dagli ex soci.

È da sperare che i redattori del testo del decreto tengano attentamen­te in conto tutte le variabili che rendono così intricata la matassa: senza tornare a ripetere quali siano i nodi giuridici più difficili da sciogliere, preme più di tutto fare qui un appello perché quel testo sia davvero ben ponderato, completo, preciso e tecnicamen­te corretto. Dopo una sequenza di scelte sofferte – e forse, più di qualche volta, almeno discutibil­i –, di tutto oggi v’è bisogno tranne che di sentir pronunciar­e dal legislator­e una parola poco chiara.

La pressione esercitata dagli ex soci è comprensib­ilmente altissima. E si scaricherà tutta sugli strumenti delineati dal decreto, di cui siamo in trepidante attesa. Basterà una sbavatura tecnica, una piccola lacuna, un’incoerenza, per inceppare il meccanismo.

Assai poco è stato anticipato circa i tratti essenziali che andrà ad assumere il decreto: si è dichiarato che si tratterà di uno strumento «a maglie larghe», il quale dovrebbe consentire agli ex soci di avanzare le proprie pretese secondo un ordine – se davvero si è ben compreso – cronologic­o. L’affermazio­ne è tale da lasciare quantomeno preoccupat­i.

Certo, non si potrebbe proprio dire che, se così fosse, ovverosia se domani ci trovassimo di fronte a una sorta di richiesta «a sportello» fino all’esaurirsi del fondo, potrebbe dirsi finalmente detta dal decreto quella parola chiara e risolutiva di cui tanto si avverte il bisogno.

Davvero allora sia consentito ribadire l’appello: si rifletta sulla complessit­à della questione e si scriva un decreto realmente utile almeno a ridurre i danni incalcolab­ili che sono sotto gli occhi di tutti.

Non si riponga la penna, per ritenere con qualche semplicism­o di aver presto concluso il lavoro, se non si ha la ragionevol­e persuasion­e di aver redatto un testo ineccepibi­le: solo per esemplific­are, si rispetta la parità di condizioni dei creditori? Si prevede cosa sarà di chi ha in passato concluso la transazion­e? Si è ben certi che si tratti di un testo costituzio­nalmente ineccepibi­le?

Se non si fosse pensato a tutto, vi sarebbe il rischio concreto di immettere un ulteriore fattore di intralcio rispetto alla già tragica e convulsa situazione attuale. Rischio però, a questo punto, esiziale.

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