Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
BANCHE, IL DECRETO E I RISCHI
Iquotidiani di questi ultimi giorni hanno riportato i passaggi essenziali delle dichiarazioni rese dal sottosegretario all’Economia del governo uscente, Pier Paolo Baretta, di fronte alla Commissione regionale d’inchiesta sulle banche venete. Si è così appreso che l’emanazione del decreto attuativo cui spetta di disegnare i meccanismi di attivazione del fondo di ristoro per gli ex soci, inserito nella legge di bilancio 2018, è atteso a giorni. Cosa prevederà? Anzitutto, pare confermata l’ipotesi secondo cui presupposto essenziale per attingere al fondo sarebbe di avere ottenuto una sentenza pronunciata dal giudice ordinario oppure una decisione assunta in sede di Arbitrato amministrato presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione; facile prevedere che è quindi rimessa a questo secondo canale - tutto da delineare – la reale prefigurabilità del titolo giuridico tanto agognato dagli ex soci.
È da sperare che i redattori del testo del decreto tengano attentamente in conto tutte le variabili che rendono così intricata la matassa: senza tornare a ripetere quali siano i nodi giuridici più difficili da sciogliere, preme più di tutto fare qui un appello perché quel testo sia davvero ben ponderato, completo, preciso e tecnicamente corretto. Dopo una sequenza di scelte sofferte – e forse, più di qualche volta, almeno discutibili –, di tutto oggi v’è bisogno tranne che di sentir pronunciare dal legislatore una parola poco chiara.
La pressione esercitata dagli ex soci è comprensibilmente altissima. E si scaricherà tutta sugli strumenti delineati dal decreto, di cui siamo in trepidante attesa. Basterà una sbavatura tecnica, una piccola lacuna, un’incoerenza, per inceppare il meccanismo.
Assai poco è stato anticipato circa i tratti essenziali che andrà ad assumere il decreto: si è dichiarato che si tratterà di uno strumento «a maglie larghe», il quale dovrebbe consentire agli ex soci di avanzare le proprie pretese secondo un ordine – se davvero si è ben compreso – cronologico. L’affermazione è tale da lasciare quantomeno preoccupati.
Certo, non si potrebbe proprio dire che, se così fosse, ovverosia se domani ci trovassimo di fronte a una sorta di richiesta «a sportello» fino all’esaurirsi del fondo, potrebbe dirsi finalmente detta dal decreto quella parola chiara e risolutiva di cui tanto si avverte il bisogno.
Davvero allora sia consentito ribadire l’appello: si rifletta sulla complessità della questione e si scriva un decreto realmente utile almeno a ridurre i danni incalcolabili che sono sotto gli occhi di tutti.
Non si riponga la penna, per ritenere con qualche semplicismo di aver presto concluso il lavoro, se non si ha la ragionevole persuasione di aver redatto un testo ineccepibile: solo per esemplificare, si rispetta la parità di condizioni dei creditori? Si prevede cosa sarà di chi ha in passato concluso la transazione? Si è ben certi che si tratti di un testo costituzionalmente ineccepibile?
Se non si fosse pensato a tutto, vi sarebbe il rischio concreto di immettere un ulteriore fattore di intralcio rispetto alla già tragica e convulsa situazione attuale. Rischio però, a questo punto, esiziale.