Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Spinea, choc in parrocchia. Il sacerdote patteggia
Prete si gioca mezzo milione al casinò. «Restituirò tutto»
Era sparito lo scorso ottobre dalla parrocchia dopo aver lasciato un buco da mezzo milione. Ora si è scoperta la verità. Davanti al giudice per le indagini preliminari don Flavio Gobbo ha chiarito la vicenda: i soldi non c’erano più perché se li era giocati al casinò. E aveva lasciato la parrocchia perché era andato a curarsi per ludopatia. Il prete ha patteggiato due anni, pena sospesa, e si è impegnato a sottoporsi a terapie e a risarcire la parrocchia. «Sarà un percoso lungo».
A metà ottobre di due anni fa, don Flavio Gobbo aveva fatto le valigie ed era partito precipitosamente dalla parrocchia San Vito e Modesto di Spinea, nel Veneziano, lasciando una lettera ai fedeli che parlava di affaticamento, della necessità di prendere un periodo di riposo. Poi era venuto fuori un ammanco a cinque zeri nel bilancio della parrocchia e in paese erano iniziate le voci. Centomila euro, no trecentomila. Li ha dati ai poveri, anzi li ha persi al gioco. E risultava sparita pure la perpetua.
Nel corso delle indagini, però, don Flavio e il suo legale Barbara De Biasi hanno chiarito la vicenda, che si è conclusa la scorsa settimana con un patteggiamento a 2 anni: l’ammanco superava il mezzo milione di euro, che il parroco aveva perso giocando soprattutto ai casinò. Nessuna storia torbida, la sua vocazione non è mai stata in dubbio e quella della perpetua o di altre donne miseriose era solo una chiacchiera di paese. Il problema è che don Flavio aveva perso sì la testa, ma per il gioco e da quella mattina in cui lasciò la parrocchia di Spinea è in cura per ludopatia.
Lo conferma una nota della Diocesi di Treviso che spiega come il prete, nel periodo di sospensione concordato col Vescovo, sia sempre rimasto in contatto con la Chiesa: «Con i suoi superiori e con i suoi confratelli sacerdoti, che non lo hanno mai abbandonato. Ha accettato sin da subito di sottoporsi a un impegnativo programma terapeutico riabilitativo in un centro specializzato per curare una forma patologica di disturbo da gioco d’azzardo. Questa patologia è molto più diffusa di quanto si possa pensare o si voglia riconoscere. Una volta riconosciuta, essa necessita di un aiuto specialistico e di un contesto umano e comunitario di supporto. Infatti, è tipico di questi disturbi negare o minimizzare il problema e illudersi di uscirne da soli». Infine, la nota precisa che «in questo lungo e faticoso percorso don Flavio è stato sostenuto principalmente dalla preghiera ma anche dalla volontà di tornare presto a svolgere il suo ministero nel quale non ha mai smesso di riconoscersi».
La scorsa settimana don Flavio ha patteggiato di fronte al gip David Calabria una pena di due anni, sospesa, per appropriazione indebita. Il pm Elisabetta Spigarelli aveva posto come condizione proprio il percorso di cura, terapia che il prete ha già volontariamente intrapreso da tempo e che richiederà altri anni di sedute e impegno. Perché quella del gioco è una dipendenza come le altre che, quando mette radici, si può dominare, più che estirpare. Inoltre, si è impegnato
La diocesi/1 Ha accettato di sottoporsi a un programma terapeutico
La diocesi/2 Lo sostiene la preghiera e la voglia di tornare a svolgere il ministero
a rifondere alla parrocchia l’intera somma sottratta , oltre cinquecentomila euro. Una restituzione lenta che durerà una vita intera e che ha già cominciato a onorare.
Fin dall’inizio si è mostrato collaborativo, raccontando per filo e per segno dove andava a giocare e le somme che aveva lasciato sul tavolo verde. La debolezza per il gioco d’azzardo, il prete di Preganziol, 48 anni compiuti lo scorso 20 gennaio, l’aveva da tempo. Era arrivato a Spinea nel 2014 da Musile di Piave, dove era stato collaboratore pastorale. Ma all’epoca giocava solo soldi suoi. Poi aveva cominciato ad attingere dal bilancio della parrocchia di San Vito e Modesto. «Tanto, quando vinco li restituisco», si ripeteva. Ma erano arrivate solo sconfitte e il prestito era diventato una voragine, fino a quando il Consiglio per gli Affari Economici della Parrocchia si rese conto che la situazione era drammatica. Per fortuna, dice oggi don Flavio.
Il 15 ottobre 2016 se ne andò da Spinea, lasciando una lettera che la domenica a messa lesse il parroco della vicina Martellago don Giorgio Riccoboni: parlava di un periodo di affaticamento e logoramento. La verità è venuta a galla due anni e mezzo dopo.