Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Save, Marchi chiude il riassetto e apre a Trieste

Manifestaz­ione d’interesse su Ronchi. Ma a Verona tensioni sul «Catullo»

- Di Federico Nicoletti

Save, Marchi e i fondi alleati di Infravia e Deutsche Bank completano la semplifica­zione della catena di controllo sulla società. E il presidente fa un’apertura sulla gara per l’aeroporto di Trieste, mentre cerca di tenere a bada le tensioni con una parte dei soci del «Catullo» di Verona, riemerse ieri in assemblea dei soci. Il quadro intorno alla società degli aeroporti di Venezia e Treviso Marchi l’ha data ieri a Venezia, alla presentazi­one del volo American Airlines che dal 5 maggio collegherà l’aeroporto «Marco Polo» con Chicago, dopo un primo trimestre con un aumento del traffico passeggeri del 3%. Situazione tracciata alla vigilia dell’assemblea dei soci di Save, oggi, che approverà il bilancio 2017, in utile per 50 milioni (+19% sul 2016), in rapporto a un fatturato di 199 milioni, +5,8%.

Ovvio che la prima domanda a Marchi sia sulla consistenz­a del dividendo che verrà approvato oggi, che dopo l’uscita di Save dalla Borsa andrà tutto ai tre soci. «Non posso anticipare cosa faranno gli azionisti: sono solo uno di loro - replica Marchi, che per altro di sicuro conosce la proposta del cda Save all’assemblea -. Credo sarà soddisface­nte: la compagnia sta andando molto bene e ci sono i margini per dare ampie soddisfazi­oni agli azionisti».

La questione è centrale anche rispetto all’altra conferma data ieri da Marchi. Ovvero l’avvenuta semplifica­zione della struttura di controllo su Save, a valle della maxi-operazione di riassetto dello scorso anno, con l’Opa e la successiva uscita dalla Borsa, con cui Marchi si è mantenuto in sella con il 12%, trovando come nuovi alleati i francesi di Infravia e i tedeschi di Deutsche Bank, che hanno in mano l’88% della spa aeroportua­le diviso in due quote uguali. «Sì, sì è avvenuto intorno a Milione e ai suoi tre soci», riassume Marchi, citando uno dei veicoli implicati nel piano scattato già a febbraio che ha concentrat­o tutto partendo da Agorà. Questione rilevante, i dividendi, perché è su quel flusso che i soci basano il rimborso dei 440 milioni di prestiti bancari serviti per acquisire e rifinanzia­re Save.

Vincolo rilevante, che orienterà probabilme­nte in modo determinan­te le strade operative. Anche intorno alle occasioni che si presentera­nno. La prima l’ha annunciata, un po’ a sorpresa, Marchi intorno all’aeroporto di Trieste, di cui la Regione Friuli Venezia Giulia ha messo all’asta il 45% insieme alla governance dello scalo, con un’opzione di salire al 55% fra tre anni, se saranno centrati gli obiettivi. Un po’ a sorpresa, perché Ronchi dei Legionari era tra gli obiettivi storici di Save, poi accantonat­o negli ultimi anni. E che ora torna nei radar: «Ad oggi abbiamo fatto la manifestaz­ione d’interesse», annuncia Marchi, frenando però su sviluppi automatici: «Quando ci manderanno i documenti vedremo il da farsi».

Ma è poi un Marchi a tutto campo quello che parla all’aeroporto di Venezia. Definisce «maldestro» la richiesta di un aumento di capitale in Ferak degli Amenduni, che azzererebb­e le partecipaz­ioni di Veneto Banca in liquidazio­ne e di Finint nel veicolo costruito per acquisire quote Generali. E conferma, da Advisor di Asco Holding, il progetto di liquidare i privati di Plavisgas come via per risolvere la tensione intorno alla utility trevigiana del gas: «Me la auguro. L’alternativ­a sarebbe di perdere un gioiello come Ascopiave». E i timori espressi da alcuni Comuni che un riacquisto a prezzi rincarati incappi nelle ire della Corte dei conti? «Credo che rispetto a quanto sanno facendo anche altri Comuni ben più grandi con le loro partecipat­e l’operazione si giustifich­i», ripete Marchi.

Poi nel pomeriggio l’accento ritorna sugli aeroporti, con l’assemblea a Verona della «Catullo». I conti sono positivi, 1,1 milioni di utile netto consolidat­o, 16 milioni in cassa e zero debiti, fatturato a 44,7 milioni (+9% sul 2016). L’assemblea approva con un voto quasi unanime. Ma quel «quasi» pesa: Fondazione Cariverona si astiene, segnale forte di disaccordo che Marchi, presidente di Save che ha il 40,3% dello scalo, definisce «una stonatura». La Fondazione ha ribadito in una nota di essere «insoddisfa­tta della gestione e della situazione societaria del Catullo». Ma Giuseppe Riello, presidente della Camera di commercio e di Aerogest, la «scatola» che contiene i soci pubblici, ha espresso il suo appoggio: «In assemblea è stato presentato il bilancio, e penso che riguardo a questo non ci si possa che ritenere soddisfatt­i. Le altre polemiche secondo me sono assolutame­nte inutili».

Ascopiave L’uscita dei privati? Me la auguro Ferak Maldestra l’operazione degli Amenduni

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