Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Scelsi il Fronte popolare, chi lotta più per i deboli?»

- Chiamulera

Severino Gambato il 18 aprile 1948 era un operaio che con i compagni si batteva per far vincere il Fronte Popolare, che votò. «Seguivo i miei ideali. Oggi chi lotta contro le ingiustizi­e?».

Il 18 aprile ‘48 Severino Gambato aspettava i risultati col fiato sospeso. Aveva lavorato duro nelle settimane precedenti, con i compagni di Noventa Padovana, per far prevalere il Fronte Popolare, alleanza elettorale PCI-PSI sotto l’insegna della stella a cinque punti con il faccione di Garibaldi. E invece successe quella che Gambato, settant’anni più tardi, chiama la «fregatura», cioè il trionfo della DC: «Prendemmo meno voti della somma dei partiti di due anni prima», ricostruis­ce lucidament­e, nei suoi 92 anni portati benissimo. Nel ’48 Gambato votava per la prima volta. Per il Fronte, ovviamente. Classe ‘25, era un semplice militante, e tale è rimasto per una vita intera, da operaio calzaturie­ro. Che però parla il lessico strutturat­o e colto di chi, nel partito, ha trovato un vero ascensore sociale. Uscivamo caldi dalla Liberazion­e. Restammo delusi dai risultati, ma riprendemm­o a lavorare. Non mi pento dei miei ideali. Neanche oggi che la gente è imbottita di propaganda e nessuno lotta contro le ingiustizi­e». Comunista in Veneto nel ‘48. Cosa voleva dire? «Eravamo quelli brutti, sporchi e cattivi. Venivamo descritti come il disastro, l’apocalisse, i mangiatori di bambini. Facevamo paura. La campagna elettorale ci tenne impegnati tutti, notte e giorno, anche perché a sostenere la DC e i suoi alleati non c’erano solo i militanti, ma la Chiesa, che era impegnata al massimo. Tanto è vero che in quel periodo le parrocchie persero numerosi fedeli. Ma l’avevano messo in conto. E non badarono a spese». In famiglia eravate tutti a sinistra?

«Sì. A Noventa abitavo nella frazione di Noventana, che era storicamen­te di tradizione socialista. Un luogo operaio, dove non c’erano né ville, né capitalist­i. La fornace è stata una scuola di socialismo, Silvio Barbato ci veniva a fare le riunioni fin dal 1911. Ero militante anche io. Non sono mai stato funzionari­o di partito, sono sempre rimasto un operaio. E non mi pento delle mie azioni. Ho dato tante ore della mia vita per un’idea giusta».

Nel ’48 eravate in tanti. Non si sente un alieno, oggi, in un mondo in cui comunisti quasi non ce ne sono più?

«I comunisti saranno pochi, ma il bisogno di reagire alle disuguagli­anze e alle prepotenze ci sarà sempre. Oggi la gente è imbottita di propaganda, ma nessuno combatte davvero contro le ingiustizi­e. Prenda il M5s: sono i peggiori opportunis­ti. Dicevano che erano per la pace: adesso cambiano programma e stanno col Patto atlantico. Ma lo sanno cos’è? Sono ancora dei bambini, che vanno dove tira il vento. E sono diretti da dei burattinai». Si riferisce a Casaleggio? «I borghesi non sono scemi. Non hanno paura dei Cinque Stelle: sono per la continuità. Quando noi facevamo politica andavamo in piazza perché il capo della FIAT guadagnava quanto 30 operai. Ora guadagna come 600, le diseguagli­anze sono cresciute a dismisura. Ma ai Cinque Stelle questo va bene. Infatti non ne parlano».

Nel ’48 gli operai erano a sinistra, adesso in molti votano Lega. Che effetto le fa?

«Che gli operai votino Salvini non vuol dire granché. Non basta essere sfruttati, bisogna essere coscienti di esserlo. A volte anzi addirittur­a si ammira i propri sfruttator­i. Ma questa è una cosa che dura da millenni».

L’idea Eravamo quelli brutti, sporchi e cattivi. Facevamo paura. Ma io non mi pento, ero nel giusto

Operai Che ora votino Salvini non vuol dire nulla: a volte si ammirano i propri sfruttator­i

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(foto Bergamasch­i) Garibaldin­i La stella verde e l’«eroe dei due mondi». Così si presentò il cartello di sinistra (Pci-Psi). Prese il 39,7% a livello nazionale. Sotto Severino Gambato
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