Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Grafica Veneta, dopo la pioggia di curricula le accuse di sindacati E anche il prof bacchetta
«La selezione è conclusa». Il patron di Grafica Veneta Fabio Franceschi dopo l’eco mediatica sulla ricerca di 25 operai da assumere a tempo indeterminato a 1.300 euro al mese nella sua Grafica Veneta, per gestire le nuove macchine digitali annuncia: «Sono arrivati circa mille curricula da tutta Italia, pochi dal Veneto». Prima degli appelli pubblici c’erano stati solo una ventina di colloqui e 5 assunzioni. «In Veneto non c’è voglia di lavorare su turni e nei festivi», era la spiegazione di Franceschi che i sindacati hanno bollato come «sensazionalismo». Sulla questione è intervenuto dal suo blog il professor Romano Cappellari, direttore del Master in Retail Management e Marketing del Cuoa: «È mancato il marketing dell’offerta di lavoro: le aziende al giorno d’oggi devono saper spiegare perché può essere interessante lavorare su turni e con quale prospettiva». E su Facebook la notizia ha suscitato i commenti di chi nella stamperiacolosso di Trebaseleghe ha lavorato: «Facevamo otto ore senza pause e c’era chi ne faceva molte di più. Non avevamo una mensa e se si provava a mangiare qualcosa durante il lavoro si veniva ripresi, per questo ho lasciato», racconta Sabrina Zuin, ex tirocinante che oggi lavora nell’industria tessile. Un altro ex dipendente lamenta le condizioni di lavoro in rotativa: «La paga è alta ma le rotative non si fermano mai, non c’era un attimo di respiro, a volte si era sotto organico – spiega Andrea Zabeo – Ora scarico i camion otto ore al giorno, senza turni, mi trovo bene». I sindacati rincarano la dose: «Grafica Veneta non eccelle nel tenere rapporti corretti con le parti sociali e non applica i contratti collettivi – dice Marianna Cestaro, Slc Cgil Padova – conta la retribuzione, ma anche l’orario di lavoro e la gestione dei turni incidono sulla qualità della vita». Il patron non si scompone: «Si fa quello che la legge permette: l’azienda negli ultimi anni è cambiata molto, forse abbiamo sbagliato canali di comunicazione».