Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Timbrava e poi scappava in palestra Nei guai una dipendente dell’Arpav
Chiuse le indagini su un’assenteista incallita. È stata denunciata dai colleghi d’ufficio
Tutto è nato da un banale PADOVA sospetto. E qualcuno, vedendo la collega che entrava e usciva dagli uffici del Genio civile a suo piacimento sempre con la borsa della palestra in mano, ha deciso di avvertire i carabinieri.
A distanza di qualche mese dalla denuncia gli investigatori non hanno potuto fare altro che confermare quello che i dipendenti del Genio già sospettavano: la collega, impiegata dell’Arpav distaccata al Genio, timbrava la mattina e poi spariva. Molte delle ore che avrebbe dovuto dedicare al lavoro infatti venivano spese in palestra a fare ginnastica, al mercato a fare le spese o nei negozi a fare shopping. Il pubblico ministero Maria Ignazia D’Arpa ha chiuso dunque le indagini e si prepara a chiedere il processo per un’assenteista incallita indagata per truffa. Stando agli accertamenti fatti dal nucleo investigativo dei carabinieri di Padova tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018 la donna sarebbe uscita dal lavoro innumerevoli volte senza alcun ordine di servizio: nessuna missione per lavoro, nessun sopralluogo. A riprova del suo comportamento ci sono video e fotografie che la ritraggono mentre timbra il cartellino e poi esce dall’ufficio.
Sembra che al Genio civile, che ha gli uffici in corso Milano proprio dietro al teatro Verdi, la cosa fosse risaputa da tempo: molti infatti erano a conoscenza del comportamento di S.S. e dopo aver sopportato per un po’ le assenze della collega qualcuno ha parlato. Ora l’impiegata infedele potrebbe anche essere sospesa in attesa che si faccia chiarezza sulla sua posizione. Ad aggravare la sua posizione inoltre c’è anche la legge Madia che impone un timing piuttosto accelerato per i dipendenti pubblici assenteisti e che nel giro di un mese può arrivare anche al licenziamento definitivo. Perché la legge si possa applicare però è necessario che ci sia la flagranza di reato, ovvero che il dipendente venga colto sul fatto e che non ci siano condizioni plausibili per la sua assenza dal posto di lavoro. Ciò premesso pare proprio che il caso di specie, nonostante manchi la flagranza, possa essere applicato anche nel caso della dipendente dell’Arpav distaccata al Genio civile.
Non è da sottovalutare anche l’effetto della legge sui capi ufficio: se una volta poteva esserci qualcuno che faceva finta di niente e si girava dall’altra parte, oggi questo non è più possibile, perché le nuove regole impongono sanzioni anche a chi finge di non sapere per non avere grattacapi. E’ plausibile quindi che la legge Madia abbia favorito l’emersione di tante situazioni che rischiavano di rimanere sotto traccia. Inoltre non è da escludere che i carabinieri abbiano scoperto altre irregolarità nella gestione degli uffici dell’agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto. Del resto anche otto anni fa quando la polizia giudiziaria entrò per la prima volta negli uffici di via Matteotti la segnalazione era partita per l’ipotesi di peculato, e poi l’indagine aprì un vaso di Pandora fatto di amicizie, pressioni e mazzette promesse e mai consegnate. Il nome della dipendente nei guai per assenteismo era finito anche nelle carte della vecchia inchiesta sull’Arpav: la procura indagò sul concorso con cui fu assunta. Nulla di irregolare però emerse sul suo conto né ci furono contestazioni nei confronti dei responsabili dei bandi.