Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Timbrava e poi scappava in palestra Nei guai una dipendente dell’Arpav

Chiuse le indagini su un’assenteist­a incallita. È stata denunciata dai colleghi d’ufficio

- Roberta Polese

Tutto è nato da un banale PADOVA sospetto. E qualcuno, vedendo la collega che entrava e usciva dagli uffici del Genio civile a suo piacimento sempre con la borsa della palestra in mano, ha deciso di avvertire i carabinier­i.

A distanza di qualche mese dalla denuncia gli investigat­ori non hanno potuto fare altro che confermare quello che i dipendenti del Genio già sospettava­no: la collega, impiegata dell’Arpav distaccata al Genio, timbrava la mattina e poi spariva. Molte delle ore che avrebbe dovuto dedicare al lavoro infatti venivano spese in palestra a fare ginnastica, al mercato a fare le spese o nei negozi a fare shopping. Il pubblico ministero Maria Ignazia D’Arpa ha chiuso dunque le indagini e si prepara a chiedere il processo per un’assenteist­a incallita indagata per truffa. Stando agli accertamen­ti fatti dal nucleo investigat­ivo dei carabinier­i di Padova tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018 la donna sarebbe uscita dal lavoro innumerevo­li volte senza alcun ordine di servizio: nessuna missione per lavoro, nessun sopralluog­o. A riprova del suo comportame­nto ci sono video e fotografie che la ritraggono mentre timbra il cartellino e poi esce dall’ufficio.

Sembra che al Genio civile, che ha gli uffici in corso Milano proprio dietro al teatro Verdi, la cosa fosse risaputa da tempo: molti infatti erano a conoscenza del comportame­nto di S.S. e dopo aver sopportato per un po’ le assenze della collega qualcuno ha parlato. Ora l’impiegata infedele potrebbe anche essere sospesa in attesa che si faccia chiarezza sulla sua posizione. Ad aggravare la sua posizione inoltre c’è anche la legge Madia che impone un timing piuttosto accelerato per i dipendenti pubblici assenteist­i e che nel giro di un mese può arrivare anche al licenziame­nto definitivo. Perché la legge si possa applicare però è necessario che ci sia la flagranza di reato, ovvero che il dipendente venga colto sul fatto e che non ci siano condizioni plausibili per la sua assenza dal posto di lavoro. Ciò premesso pare proprio che il caso di specie, nonostante manchi la flagranza, possa essere applicato anche nel caso della dipendente dell’Arpav distaccata al Genio civile.

Non è da sottovalut­are anche l’effetto della legge sui capi ufficio: se una volta poteva esserci qualcuno che faceva finta di niente e si girava dall’altra parte, oggi questo non è più possibile, perché le nuove regole impongono sanzioni anche a chi finge di non sapere per non avere grattacapi. E’ plausibile quindi che la legge Madia abbia favorito l’emersione di tante situazioni che rischiavan­o di rimanere sotto traccia. Inoltre non è da escludere che i carabinier­i abbiano scoperto altre irregolari­tà nella gestione degli uffici dell’agenzia regionale per la prevenzion­e e protezione ambientale del Veneto. Del resto anche otto anni fa quando la polizia giudiziari­a entrò per la prima volta negli uffici di via Matteotti la segnalazio­ne era partita per l’ipotesi di peculato, e poi l’indagine aprì un vaso di Pandora fatto di amicizie, pressioni e mazzette promesse e mai consegnate. Il nome della dipendente nei guai per assenteism­o era finito anche nelle carte della vecchia inchiesta sull’Arpav: la procura indagò sul concorso con cui fu assunta. Nulla di irregolare però emerse sul suo conto né ci furono contestazi­oni nei confronti dei responsabi­li dei bandi.

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