Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Barbero: «Museo prezioso e una casa vissuta a fondo» «Q

Lo studioso: «Un luogo di pace nel caos della città»

- Fa.Bo.

Sguardo Il direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte intende restituire la biografia del fondatore. Un esempio è stato il progetto su Lyda Borelli Futuro «Uno degli obiettivi che ci siamo posti è il rapporto strategico con il contempora­neo e le nuove generazion­i»

uesto palazzo è una sfida: è famoso ma non così tanto conosciuto, è un museo prezioso ma anche una casa che è stata vissuta fino in fondo». L’edificio è Palazzo Cini a Venezia. E a parlare è Luca Massimo Barbero che racconta così questi ultimi quattro anni, da quando cioè ha accettato l’incarico di direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini. Uno degli obiettivi è stato proprio quello di dar nuova vita alla storica dimora a San Vio di Vittorio Cini, ricco uomo d’affari, politico e collezioni­sta che ha segnato a fondo il Novecento.

«È qui che l’isola di San Giorgio incontra la città e il flusso di specialist­i qui diventa un popolo di visitatori». Cos’è dunque Palazzo Cini? «È un radar, che capta e svela approfondi­menti. Mette a fuoco, fa incontrare, attrae. Ed è un luogo di pace nel caos della città».

Quello messo in moto da Barbero insomma è una sorta di cantiere. Il che significa prima di tutto «approfondi­re le collezioni dell’Istituto», vero scrigno da cui continuano a uscire sorprese e riletture: «così è stato con i “Capolavori ritrovati” della collezione, nel 2016, e con i “Disegni veneti del Settecento” in cui compariva anche il Capriccio di Francesco Guardi, prestito d’eccezione del Musée Jacquemart-André di Parigi. Non si vedevano dalla morte del fondatore. Così ora succede con i disegni di architettu­ra, conosciuti quasi solo dagli studiosi e che meritano invece lo sguardo di un pubblico vasto, tanto sono affascinan­ti». E poi significa anche «restituire una parte della biografia del fondatore», come il progetto su Lyda Borelli, moglie di Cini e famosa attrice, realizzato l’anno scorso grazie anche al lavoro di Maria Ida Biggi, che a San Giorgio cura l’Istituto per il teatro e il melodramma.

Eventi speciali: in occasione del cinquecenp­alazzo, tenario della nascita di Daniele Barbaro, straordina­rio umanista e scientific­o, a Palazzo Cini ha riscosso successo l’esposizion­e di due capolavori di Tiziano Vecellio e Paolo Veronese, eccezional­mente prestati dal Prado di Madrid e dal Rijksmuseu­m di Amsterdam e mostrati insieme per la prima volta.

«Uno degli obiettivi che ci siamo posti – continua Barbero – è il rapporto con il contempora­neo e le nuove generazion­i. Ci sembrano due questioni strategich­e». Da qui, ad esempio, la mostra di Ettore Spalletti, realizzata in collaboraz­ione con ASLC Progetti per l’arte e la Galleria Studio la Città di Verona: «credo sia stata un’operazione particolar­mente riuscita: l’artista ha attraversa­to il secondo piano del ragionando sul luogo, ascoltando­lo, osservando­ne le variazioni di luce, studiandon­e lo spazio. I risultati, sorprenden­ti».

Così si spiega anche il successo di iniziative come le «Conversazi­oni d’arte», che hanno aperto a un nuovo pubblico le sale della casamuseo. Insomma, è come se «l’isola avesse ritrovato una casa dove ragionare, studiare, mostrarsi». Si tratta di un pubblico, dati alla mano, sempre più giovane, «un aspetto questo che lo rende spiccatame­nte originale e ci conferma quanto Palazzo Cini possa avere la vocazione di un luogo di incroci di contempora­neità».

Un progetto nel cassetto? «Mi piacerebbe fare un giorno una grande mostra su alcuni pittori ferraresi della collezione, così amati da Cini, e ancora poco indagati. Un compito su cui impegnare soprattutt­o gli studiosi più giovani. E mi piacerebbe mettere ancora più al lavoro gli artisti contempora­nei con progetti sitespecif­ic».

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Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di storia dell’arte della Fondazione Giorgio Cini

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