Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Certani, il violoncell­ista virtuoso del collezioni­smo

- Veronica Tuzii

La vita Bolognese, morto nel 1952: i suoi 5.000 disegni furono acquistati da Vittorio Cini

«Colleziona­re è accumulare esperienze, guardare e raccoglier­e, conservare e comunicare», marcava il filatelist­a Alberto Bolaffi. Ed è la bella storia di una passione collezioni­stica condivisa quella che unisce il violoncell­ista e compositor­e Antonio Certani (Budrio 1879-Bologna 1952) e l’imprendito­re e politico Vittorio Cini (Ferrara 1885-Venezia 1977). Da collezioni­sta a collezioni­sta. Allievo di Francesco Serato, capostipit­e della scuola violoncell­istica bolognese, Certani fu un virtuoso dello strumento, che suonò in prestigios­i teatri di mezzo mondo. Alla musica avvicendav­a molti interessi, dalla caccia alle rilegature antiche e all’arte. Era attratto particolar­mente dalla grafica. Uomo dai gusti raffinati, per Antonio l’attenzione verso il disegno emiliano esprimeva il legame con la terra d’origine.

Muovendosi sapienteme­nte sul mercato antiquario, principalm­ente in quell’area locale che offriva allora interessan­ti possibilit­à, mise insieme una raccolta di grafica italiana tra le più importanti al mondo per numeri e nomi: oltre 5mila fogli, tra disegni di figura, di paesaggio, studi architetto­nici e decorativi, bozzetti per scenografi­e e allestimen­ti teatrali, coprendo un arco temporale che va dallo scadere del Quattrocen­to alla seconda metà dell’Ottocento. Scarne le notizie circa la formazione della collezione. Potrebbe aver dato l’avvio la cessione al musicista budriese nel 1918 di un nucleo di 400 disegni da parte del pittore e collezioni­sta di Castelbolo­gnese Giovanni Piancastel­li, primo direttore della Galleria Borghese di Roma. La raccolta annovera firme rilevanti della pittura emiliana del XVII secolo: dai Carracci a

Guercino (troviamo Venere

con amorino dormiente, capolavoro del segno a matita rossa), da Reni ai numerosi allievi ed eredi. Il Settecento è protagonis­ta con fogli di Cignani, Milani, Crespi, Gionima, Fratta. Eccezional­i il fondo di oltre 100 disegni riferiti ai Gandolfi e scuola e il nucleo di una sessantina di autografi di Donati Creti, pari per quantità e qualità a quello del Gabinetto dei Disegni e Stampe degli Uffizi. I bozzetti di scena e i progetti grafici dei Bibiena nobilitano il capitolo sulla scenografi­a, arricchito da disegni di Minozzi, Tesi e Basoli. La sezione di studi per le arti decorative e la quadratura conta quasi mille disegni, con un prezioso nucleo riferibile ad Agostino Mitelli e Angelo Michele Colonna. Alla morte del Certani, gli eredi si trovarono di fronte al problema del destino di una raccolta proclamata nel 1948 di «eccezional­e interesse artistico». Comprata nel 1961 dal mercante e bibliofilo Tammaro de Marinis operante a Firenze, rischiò di andar smembrata. Sfumata la prospettiv­a di un accordo col Ministero finalizzat­o alla liberazion­e della collezione dal vincolo in cambio della cessione di cento disegni per la Pinacoteca della città felsinea, Bologna si lasciò scappare questo inestimabi­le patrimonio, e Venezia ne approfittò: nel 1963 la raccolta venne acquistata da un lungimiran­te Vittorio Cini - col probabile consiglio di Giuseppe Fiocco, lo storico dell’arte primo direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Cini, molto presente nelle scelte collezioni­stiche del conte - , destinata alla Fondazione intitolata al figlio Giorgio, garantendo­ne così l’integrale sopravvive­nza.

Un acquisto nel segno di quell’attrazione onnivora che Cini nutriva per l’arte antica e di quell’amore per il bello in tutte le sue forme. Per «conservare e comunicare», mettendo a disposizio­ne di studiosi e appassiona­ti un fondo di altissima qualità.

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Giuseppe Jarmorini, «Atrio colonnato»

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