Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Da Quarenghi, architetto degli zar alle piramidi misteriose di Basoli
La cupola tardosettecentesca, dal finissimo tratto e ricca di ornamenti, di Flaminio Minozzi è un illusorio mirabile inganno per gli occhi, uno tra gli esempi più efficaci di quell’«Architettura immaginata» che la mostra a Palazzo Cini intende restituire al visitatore e una delle «chicche» offerte dalla rassegna veneziana. Una sorta di astronave al centro della grande sala al secondo piano della casa-museo accoglie i fogli di Antonio Basoli: disegni acquarellati con maestria, come il Progetto di parete «alla moda etrusca» o il Progetto di parete e soffitto per una stanza «a rideaux», che mostrano decorazioni d’interni così moderne da sembrare uscite da una rivista di arredamento dei giorni nostri. Così come moderna l’idea di voler ridisegnare lo skyline di una città per darle una nuova immagine di capitale internazionale. La sala che propone le architetture della Russia, e in particolare San Pietroburgo, racconta di come i committenti di questo rinnovamento chiamarono gli architetti italiani, considerati il meglio dell’allora contemporaneità. In primis Giacomo Quarenghi, il prediletto di Caterina la Grande e noto proprio come «l’architetto degli zar», presente con tre disegni (uniche opere non provenienti dalla collezione Certani bensì dalla raccolta Pozzi Fissore, sempre della Fondazione Cini), che illustrano il suo neopalladianesimo illuminato. Strabilianti – la chicca delle chicche potremmo dire – le eclettiche architetture per la scena dei Bibiena, con la loro caleidoscopica forza d’attrazione fatta di angoli e fughe impossibili, o di Antonio Basoli, col suo esotismo ispirato dalle piramidi egizie o dalle pagode cinesi.