Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

COSÌ NON SI RIPUDIA IL FASCISMO

- di Emilio Randon

Ariprova che le tragedie della storia si ripropongo­no in farsa, dopo Padova anche a Vicenza arriva la delibera n.14 de 3 aprile 2018 la quale impone ai richiedent­i l’uso di uno spazio pubblico comunale l’obbligo di dichiarars­i antifascis­ti. Chiunque intende «affittare» una porzione di marciapied­e, piazza o via superiore al mezzo metro quadrato, contestual­mente al pagamento del canone, deve impegnarsi a «riconoscer­si nei principi fondamenta­li della Costituzio­ne Italiana e dello Statuto Comunale e ripudia il fascismo la cui riorganizz­azione è vietata sotto qualsiasi forma dall’ordinament­o giuridico». Ne sono esclusi gli esercizi commercial­i. L’obbligo vale per tutti, saltimbanc­hi, madonnari, artisti di strada, organizzaz­ioni culturali, tenutari di mostre ambulanti e gruppi musicali, per tutti coloro cioé che, non vendendo frutta o formaggi, ambiscono comunque ad uno spazio pubblico per divulgare idee, suoni, immagini o magari solo mettere in mostra se stessi.

A tutti è fatto obbligo di rendere pubblica e preventiva fede di antifascis­mo. E non limitatame­nte al metro di strada che occupano o per quello che intendono farci sopra, l’impegno - per come è scritto - va inteso in modo estensivo, si presume esercitato in coscienza, ovunque e dovunque, in camera da letto come sul pubblico selciato. Qui non si chiede di non peccare, si chiede di essere mondi.

Anche perché per i «peccati» di apologia o ricostituz­ione del Partito nazionale fascista c’è già la legge Mancino, mentre qui non basta: ai cittadini in cerca di plateatico è richiesto di inginocchi­arsi al confession­ale del municipio e dichiarare le proprie inclinazio­ni ideologich­e, anche quelli che non ne hanno alcuna.

A Padova l’editto ha già provocato qualche tortuosità: stante il sospetto di fascismo e turbamento dell’ordine pubblico, la presentazi­one del fumetto sul martirio della studentess­a istriana Norma Cossetto infoibata dai titini è stata vietata il 20 del mese scorso. Agli organizzat­ori mancava l’impegno antifascis­ta. Impegno assente ma subito trovato: per raccontare la tragica storia della studentess­a infoibata dai titini agli organizzat­ori è bastato infatti trovare un prestanome e il permesso è stato concesso. Un caso di antifascis­mo per interposta persona e di antifascis­ti a propria insaputa.

Il ventennio obbligava i professori universita­ri a giurare fedeltà al regime e chi non lo faceva era escluso dalla cattedra, a Vicenza e a Padova cambia l’ordine degli addendi - il plateatico al posto della cattedra e l’antifascis­mo al posto del fascismo - con risultati francament­e umoristici: tutti, performers, influencer e ogni innocente perdigiorn­o è tenuto a prendere le distanze dal fascismo se vuole dire la sua su una porzione di piazza.

Mettiamo che uno voglia mettere su una ricostruzi­one storica sull’Opera Maternità e Infanzia; costui dovrà dire che, sì, magari l’idea era ottima, ma chi l’ha voluta è una schifezza, buona anche l’abbronzatu­ra dei bambini che prendevano il sole sulle spiagge a Jesolo durante il Ventennio, ma la crema solare era fascista e faceva male.

A Colonia, in questi giorni, è visibile una mostra sulla gioventù hitleriana con foto scattate durante un raduno tenutosi a Francofort­e nel 1936, una specie di Woodstock nazista. Non risulta che le autorità tedesche, molto attente in questi casi, abbiano chiesto la patente di antinazist­i.

Da noi, a Vicenza e a Padova, serve per una rassegna su Stanlio e Ollio e, ad abundantia­m, per proiettare «Il grande dittatore» di Chaplin, indispensa­bile poi nel caso si voglia rievocare la fine di Norma Cossetto.

Naturalmen­te uno può sempre mentire. Ed è qua che il tribunale delle coscienze, implacabil­e in prima istanza, rischia di ingarbugli­arsi nelle sedute successive.

Mettiamo che voglio suonare Wagner in piazza (in Israele è proibito ma non da noi) e che per farlo mi dichiaro antifascis­ta. In realtà non lo sono. scoperto – dio sa come, ma la polizia ideologica ha le prove – vengo denunciato dal Comune per falso in atto pubblico e il giudice ordinario dovrà stabilire se ho mentito e come ho mentito. Il codice penale è preciso, Pirandello aiuta ma si rischia comunque (non è che l’afascismo sia un’attenuante? E se sì, di quanto?), no, qui serve dimostrare che intendevo ricostruir­e o fare apologia del fascismo suonando Wagner. E se non è successo al bagnino della spiaggia fascista di Sottomarin­a, fascistiss­imo per sua ammissione eppure scagionato dalla procura di Venezia che ha archiviato il caso, non succederà nemeno ai nostri orchestral­i.

Qui vale il tentativo di dimostrarl­o. Pirandello era fascista e si è fatto seppellire con la camicia nera, per cui bisogna andarci piano con il teatro come altrettant­a cautela andrebbe consigliat­a anche ai comuni che adiscono ai tribunali della coscienza, il ridicolo è sempre in agguato.

Con il 25 aprile alle porte, festa di Liberazion­e dal fascismo e di libertà delle idee, ancor più festosa e raggiante se festeggiat­a senza complessi e con una risata.

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