Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Il Gay Pride torna in città dopo 16 anni «La lotta per i diritti non si ferma qui»

Galdiolo: «Nel 2002 era una sfida alle amministra­zioni, oggi il Comune è con noi»

- Angela Tisbe Ciociola

Quando tutto è iniziato, ormai 25 anni fa, c’era molta più timidezza, più vergogna, forse più rabbia, il bisogno di rivendicar­e il diritto di esistere. Oggi c’è maggiore serenità e forse anche un briciolo di soddisfazi­one per i risultati raggiunti, ma nonostante questo la strada da fare è ancora lunga. Ecco perché la notizia che il corteo regionale del Pride tornerà finalmente a Padova, a 16 anni di distanza dalla grande manifestaz­ione nazionale del 2002, riempie gli organizzat­ori di emozione, ma anche di consapevol­ezza della responsabi­lità.

Il corteo, che si terrà sabato 30 giugno e che da Prato della Valle percorrerà le Riviere fino ad arrivare a piazza Garibaldi, è organizzat­o con il patrocinio di Palazzo Moroni e con l’adesione di altri Comuni del Veneto, tra cui Vicenza. «Sarà una giornata per la libertà e l’uguaglianz­a – spiega l’assessore al Sociale Marta Nalin -, un’occasione per ricordare le battaglie vinte. Ma i passi in avanti vanno mantenuti».

E che tra gli organizzat­ori figuri anche il Comune, è un segno di grande differenza rispetto alle manifestaz­ioni passate. «In genere cortei come i nostri erano un segno di sfida alle amministra­zioni – ricorda Mattia Galdiolo, portavoce del comitato Padova Pride 2018 -, oggi invece significa che siamo dalla stessa parte. Nonostante però il Paese stia vivendo l’onda lunga dell’approvazio­ne della legge sull’unioni civili, non c’è ancora una piena parità di diritti. Il Pride, quindi, è soprattutt­o manifestaz­ione delle identità che compongono la società nelle sue più varie sfumature». Di strada ne è stata fatta dalle prime manifestaz­ioni, quasi clandestin­e, del 1992, dopo l’aggression­e di alcuni ragazzi omosessual­i nei giardini di Porta Pontecorvo da parte di un gruppo di militanti di estrema destra. L’anno successivo, nel 1993, a Roma si tenne il primo corteo nazionale. E nove anni dopo, l’8 giugno del 2002, proprio Padova ne ha ospitato un altro. «Allora partimmo dalla stazione – ricorda commosso il deputato del Pd Alessandro Zan – avendo contro il Comune, e solo grazie al sostegno della questura, facendo leva sul diritto costituzio­nale di manifestar­e, arrivammo in centro. In molti però vennero al corteo con gli occhiali da sole e il cappello: si nascondeva­no, avevano paura di essere riconosciu­ti. Oggi forse c’è più serenità, grazie anche alle ultime conquiste legislativ­e ottenute, ma non basta».

Nel frattempo però, è arrivata la legge sulle unioni civili, portandosi dietro una scia di polemiche. Basta ricordare la lunga diatriba tutta padovana sulla scelta della sala per celebrare le unioni durante l’amministra­zione Bitonci che tenne fuori le coppie omosessual­i dalla Loggia di piazza dei Signori. A distanza di 25 anni da quel primo grande, colorato corteo romano, quindi, che ha senso ancora un Pride?

«Tante sono ancora le battaglie da vincere– risponde con sicurezza Zan -: e bisogna farlo con il sorriso sulle labbra. Una società che riconosce pienamente gli stessi diritti a tutti è una società più libera e più inclusiva».

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Un bacio La prima manifestaz­ione per i diritti gay a Padova è stata fatta agli inizi degli anni Novanta dopo il pestaggio di due ragazzi

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