Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

L’esordio di Canepa con «L’animale femmina»

L’esordio di Emanuela Canepa, padovana vincitrice del Premio Calvino. Un gioco di manipolazi­one

- Visentin

Èun esordio con il botto quello di Emanuela Canepa con L’animale

Femmina (Einaudi, 272 pagine, 17,50 euro). Un libro atteso e di cui si è parlato tanto già prima dell’uscita, perché l’autrice, biblioteca­ria dell’Università di Padova, ha vinto (votata all’unanimità) il Premio Calvino 2017. Il suo romanzo d’esordio, dopo una battaglia tra editori, se l’è aggiudicat­o Einaudi. E da ieri è in libreria. Una storia di manipolazi­one e sessismo: un avvocato anziano e autorevole che disprezza le donne e le domina, creando dinamiche demolitive. Una continua, sottile guerra psicologic­a e dialettica con cui le tormenta, per dimostrarn­e la pochezza e prevedibil­ità. E fin qui qualcosa del romanzo era già trapelato. Ma la vera sorpresa arriva leggendolo. Perché dietro questo complesso impianto narrativo che porta in scena potere e debolezza come due facce della stessa medaglia, c’è ben altro. Ed è una straordina­ria, intensa, disperante, interrotta storia d’amore. Una passione assoluta che condizione­rà ogni attimo, ogni respiro, ogni pensiero degli anni a seguire dell’avvocato. Un amore gay per l’amico del cuore, che proprio per assolutezz­a e intensità porta il lettore ad assolvere o almeno a compatire le angherie manipolato­rie di un personaggi­o letterario sgradevole come l’avvocato. Cosa c’è dietro il suo tormentare psicologic­amente e verbalment­e le donne? Cosa ha innescato quel disprezzo (forse vendetta, forse «esperiment­o») che lo porta a considerar­e le donne «animali da mettere alla prova», continuame­nte, in modo sadico, «animali da addestrare»?

Ne farà le spese Rosita Mulè «faccia buona da pastora del presepio», come le diceva la nonna, protagonis­ta del romanzo di Canepa, giovane donna del sud trasferita a Padova per studiare Medicina e lavoratric­e precaria in un supermerca­to per mantenersi. Sarà una circostanz­a «molto dickensian­a» a fare incontrare Rosita e l’avvocato e ad innescare una manipolazi­one invischian­te come tela di ragno. Rosita è la vittima perfetta, cuore puro, materiale umano da modellare come burro. Tra le pagine del romanzo si combatte un duello di potere, in cui Rosita sembra destinata a soccombere.

Ma è plagio o abuso quella violenza incalzante che l’avvocato usa per controllar­e la sua preda? Il confine è sottile.

Potere e debolezza sembrano danzare un ballo estremo. La scrittura di Canepa è incisiva, elegante, scolpisce dialoghi e narrazione senza sbavature, tenendo sempre il ritmo. Non a caso l’editor del romanzo è Rosella Postorino, emblema di scrittura elegante, uno dei casi di questa stagione editoriale con Le assaggiatr­ici (Feltrinell­i).

Emanuela Canepa conduce per mano attraverso la danza distruttiv­a della relazione tra il vecchio avvocato e la giovane protagonis­ta, che mettendosi alla prova attraverso questa sfida, prenderà consapevol­ezza di sè e degli altri. E inizierà un cambiament­o.

Ma l’ avvocato è stato anche un giovane flessuoso, bellissimo. E il segreto che ha condi- zionato la sua vita e l’ha fermata per sempre in quel momento di interminab­ile splendore, lo rende così inerme, che alla fine le dinamiche di potere si rovesceran­no completame­nte.

Canepa entra nella mente del manipolato­re e della sua preda.

Com’è nata la scintilla di un soggetto narrativo così originale? «Ascolto molto le persone - spiega la scrittrice - e ho la sensazione che le donne, soprattutt­o quelle molto competenti, quando arrivano a un ruolo o una visibilità pubblica, tendono a ripiegarsi, a evitare la luce che meriterebb­ero. Pensano sempre di non meritare di stare al centro dell’attenzione. Questo mi ha fatta riflettere».

E come spiega l’esordio letterario (di così grande successo) a 50 anni? «Ognuno ha i suoi tempi - chiarisce Emanuela Canepa - . Credo che tra i 40 e i 50 sia una fascia di età straordina­riamente fertile, in cui accadono molte cose».

Nata a Roma, poi trasferita a Padova, l’autrice ha deciso di ambientare tutto il romanzo a Padova: strade, piazze, università, studi di avvocati, la città emerge forte e riconoscib­ile nel racconto. Canepa ha lasciato Roma, così come Rosita Mulè ha abbandonat­o il Sud fuggendo da una madre ossessiva e ossessiona­nte, ma algida, distante. «Da bambina non facevo altro che aspettare di vederla puntare gli occhi su di me - dice la protagonis­ta - . Non è che mi trascurass­e, al contrario. Non mi ha mai fatto mancare niente. Ma non mi guardava mai. Infilarmi una maglietta o preparare la base del soffritto erano attività con lo stesso grado di coinvolgim­ento». L’incipit del libro è la descrizion­e della madre che stira (ossessivam­ente). «L’ho guardata per anni di nascosto dalla porta della mia camera socchiusa - racconta Rosita - . Mi ipnotizzav­a».

Il finale del romanzo non è scontato. Anzi. Riesce a sorprender­e. Ancora una volta.

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 ??  ?? Pagine «L’animale femmina» (Einaudi editore) è da ieri in libreria. La storia di un’educazione sentimenta­le, in cui i ruoli e le dinamiche si rovesciano
Pagine «L’animale femmina» (Einaudi editore) è da ieri in libreria. La storia di un’educazione sentimenta­le, in cui i ruoli e le dinamiche si rovesciano
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Scrittrice Emanuela Canepa, nata a Roma, vive e lavora a Padova come biblioteca­ria all’Università (Foto di Basso Cannarsa)

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