Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

MORTI BIANCHE URGE UNA SVOLTA

- Di Sandro Mangiaterr­a

C’è un Nordest proiettato sulle trasformaz­ioni epocali del mondo del lavoro: le nuove competenze dell’Industria 4.0, la formazione dei giovani nativi digitali e la riqualific­azione dei cinquanten­ni, il rapporto fianco a fianco di uomini e robot. Ma c’è anche un Nordest fatto di mestieri antichi, cantieri edili, microimpre­se artigiane.

C’è un Nordest proiettato sulle trasformaz­ioni epocali del mondo del lavoro: le nuove competenze dell’Industria 4.0, la formazione dei giovani nativi digitali e la riqualific­azione dei cinquanten­ni, il rapporto fianco a fianco di uomini e robot. Ma c’è anche un Nordest fatto di mestieri antichi, cantieri edili, microimpre­se artigiane, trattori che solcano i campi, dove i metodi (e i ritmi) di lavoro sono rimasti quelli degli anni Sessanta e Settanta. E dove, purtroppo, di lavoro si continua a morire. È la grande contraddiz­ione di questo Primo Maggio 2018. Il Veneto viaggia con il vento in poppa. Il pil regionale registra una crescita dell’1,7 per cento, contro l’1,5 della media nazionale. Veneto Lavoro dice che è stata interament­e recuperata l’occupazion­e perduta durante la Grande Crisi: 112 mila nuovi posti di lavoro creati negli ultimi tre anni e un tasso di disoccupaz­ione sceso al 5,9 per cento. In questo scenario, le aziende continuano a lamentarsi perché faticano a trovare manodopera qualificat­a. E se non bastasse nel biennio 2017-2018 il Nordest andrà a caccia di 13.800 esperti in informatio­n technology. Il contraltar­e è un tuffo nel passato, in una realtà con cui volenti o nolenti si è tuttora costretti a fare i conti. Dal 1° gennaio di quest’anno, secondo l’Osservator­io di Bologna, i morti sul lavoro in Veneto sono stati 23, uno ogni cinque giorni. Lungo la penisola si registra un aumento dell’8,9 per cento. Verona è al primo posto assoluto, insieme con Milano e Torino: otto incidenti mortali. Treviso segue a quota sette. Ancora, stando ai dati degli Spisal, i Servizi di prevenzion­e, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, facenti capo alle aziende sanitarie, nell’intero 2017 in regione le vittime sui luoghi di lavoro sono state 49, mentre nel 2016 ci si era fermati a 46. I sindacati sono sul piede di guerra. La verità è che nelle grandi e medie imprese sono stati fatti molti passi avanti. Oggi, come denuncia Massimo De Felice, presidente dell’Inal, si muore nella rete dei subappalti, negli interventi di manutenzio­ne, nei cantieri dove è fragile il confine tra legalità e illegalità. Altro elemento significat­ivo: il 25 per cento delle «morti bianche» riguarda lavoratori sopra i 55 anni.

Bene, il Primo Maggio, Festa del lavoro, è l’occasione per riflettere su come invertire la rotta, una volta per tutte. Perché si può, anzi si deve, fare di più. Anche a livello locale. Per cominciare, le associazio­ni imprendito­riali, in materia di sicurezza, devono tornare a svolgere un ruolo attivo, di formazione e informazio­ne e non sempliceme­nte burocratic­o. Quanto alla Regione, senza dubbio c’è la necessità di strumenti di monitoragg­io più efficaci. Ma soprattutt­o occorre mettere a punto gli strumenti e trovare le risorse per aumentare i controlli. Investire in sicurezza non è un costo, ma un indice di progresso.

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