Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Ora l’arbitro Orsato ha paura alla gogna anche gli omonimi
Recoaro, follie (e fake) dopo Inter-Juve: un pizzaiolo scambiato per il fratello e tempestato di telefonate. Carabinieri in paese
ARecoaro, dopo la partita InterJuve, la famiglia di Daniele Orsato (in foto), l’arbitro finito nella bufera, si sente minacciata. I carabinieri hanno allestito un discreto servizio di vigilanza. E in paese arrivano telefonate di minacce anche agli omonimi.
La marea odiante, pur incontenibile e teletrasportata, questa volta dovrà dotarsi di truppe di montagna per arrivare fino a lui. E, comunque non sarà facile: il paese è ben difeso, imprendibile, non a caso il generale Kesserling a Recoaro ci fece il suo quartiere generale. Daniele Orsato, poi, abita ancora più in alto, in contrà Parlati, da dove domina la valle, alle sue spalle c’è la parete dell’Obante e sotto mille occhi che vigilano per lui. L’arbitro della partita Inter-Juventus, l’uomo più odiato d’Italia, è ben protetto. E poi sono in trentatré gli «orsati» di Recoaro e c’è pure una contrada (gli Orsati appunto) che li ha generati tutti. Qual è quello giusto? Difficile distinguere specie se non si è del posto, figuriamoci per gli odiatori a distanza che nella foga si sono sbagliati: Daniele Orsato non ha un fratello juventino, Roberto non è neanche suo cugino e fa il pizzaiolo in centro. Condividono il paese e l’amicizia ma niente.
L’unica colpa del pizzaiolo è quella di essersi fatto un selfie col suo famoso omonimo e di averlo postato su Facebook. Mostrava la lingua e indossava l’invereconda maglia della Juve, ma niente di più. Con le foto ha tappezzato anche la saletta del ristorante e questo gli ha meritato l’anatema, gli hater si sono scatenati, i segugi dell’odio l’hanno trovato, scoperto, ne hanno invocato la morte, tempestata di insulti e minacce irriferibili anche la madre invalida che sventuratamente alzava la cornetta.
Gli Orsati di Recoaro sono tanti, ben difesi geograficamente e praticamente imprendibili, eppure i militanti dell’odio li hanno raggiunti. Ai Parlati si arriva dove finisce la strada, c’è la chiesa, la panetteria e una piazzetta dove due bambini biondi scorazzano fino a che non arriviamo noi sconosciuti, dopo di che i bambini vengono fatti entrare in casa in tutta fretta e una signora, preoccupatissima si informa: «Sono la moglie di Daniele Orsato. No, non rilascio dichiarazioni. Non dico niente». Paura? «Ma non lo vede come siamo messi qui?» Lo dice con un rapido gesto della mano. Qui, all’apparenza non c’è niente di cui preoccuparsi, montagne, prati trionfanti di verde, non una macchina che passa. «Ecco, noi siamo messi così. Se vuole parlare con mio marito aspetti qui fuori».
Daniele Orsato arriva all’improvviso da dietro, come uscito da uno di quei canaloni che sovrastano la contrada, veste la maglietta blu con i colori dell’Italia e anche lui ricaccia i bambini in casa: «Sono agitati e non voglio che si preoccupino». Preoccupazione? «Telefoni alla federazione e chieda, io di mio non dichiaro niente». E poi, anche lui, fa quel gesto eloquente di uno che mostra l’invisibile: «Non lo vede come siamo messi?».
Al telefono il coordinatore Rizzoli gli proibisce di aggiungere una parola a quello che ha già detto, ma di che cosa abbia paura è evidente, «basta guardarsi intorno» appunto: qui non c’è nessuno se non amici eppure la famiglia Orsato si sente minacciata, sovrastata da una nube d’odio che buca l’idillio di un paesetto ed entrai in casa fino a sconvolgerti l’esistenza. I carabinieri hanno allestito un discreto ma attento servizio di vigilanza, una pattuglia, ogni tanto, fa il giro della contrada.
Daniele Orsato ha le spalle larghe, parla con la perentorietà di un arbitro e gli si intuisce tutta la tempra delle genti nate su questi costoni il cui accento risuona ancora delle antiche tonalità cimbre. «Non sono su Facebook, non sono da nessuna parte».
A Recoaro è una celebrità di cui nessuno si fa vanto perché l’arbitro più famoso d’Italia non lesina la sua amicizia, lo si trova nei bar, va dai ragazzini alle elementari a raccontare come si fa l’arbitro e cosa serve per farlo, la sua foto è nella bacheche, il calendario del fruttivendolo lo mostra per tutti i mesi dell’anno. Marcello, ragazzino di quarta elementare - due classi più in là studia il figlio più piccolo di Orsato - mostra orgoglioso l’autografo a tutta pagina del suo diario: «Daniele ci ha detto che lui non tifa per nessuno e che ha il dovere di essere imparziale, dice che dobbiamo comportarci bene nella vita come nel gioco». E’ un suo piccolo fan, candido come deve essere un bambino, eppure la nube tossica del web non risparmia nemmeno lui: «Daniele dice che è imparziale e lo ha detto davanti alla maestra, ma allora perché non è stato imparziale l’altro giorno?»
Vallo a spiegare ai bambini. Spiegalo ai figli di Roberto Orsato, il falso fratello di Daniele
L’origine del fake Sarebbe stato un giornale di Napoli a postare la foto del presunto fratello dell’arbitro con la sciarpa bianconera. Era solo un omonimo
che questa mattina andrà dal suo avvocato. «Non faccia il nome del mio ristorante, temo il peggio, non ha idea di cosa ci è arrivato addosso, a me e a mia moglie, a mio suocero e a mia madre invalida, odio e minacce». A indicarlo come il «fratello» juventino sembra sia stato un giornale di Napoli o forse il web ed è la solita storia dell’uovo e della gallina applicata all’informazione.
Le telefonate più oscene arrivavano da Napoli, per i cretini il fatto che sua moglie e il suocero siano napoletani era la prova decisiva.